Un’incursione casuale da parte di Morck su una scena del crimine costa la vita a una recluta, l’uso delle gambe all’amico detective Hardy e una pallottola nella gola a lui. Perseguitato dai suoi demoni interiori e da un senso di colpa perpetuo, Carl torna al lavoro dopo diversi mesi per finire subito coinvolto in un caso che informa una trama solida, fitta e contorta. Il trasandato Morck, che odiava già prima il genere umano, ora è più inviperito che mai; stufa del suo temperamento sfidante e irrispettoso, la sua capa Moira lo relega nel seminterrato ammuffito e abbandonato della centrale a indagare su vecchi casi irrisolti. Il Dipartimento Q diventa il ritrovo dei reietti (se ci vedete delle analogie con Slow Horses, ci sono) e Morck si accolla, riluttante, altri due “scarti”: l’immigrato siriano Akram (Alexej Manvelov, Chernobyl) e Rose (Leah Byrne, Nightsleeper), relegata al lavoro d’ufficio dopo un crollo psicologico. Insieme riaprono il caso di una donna scomparsa quattro anni prima, l’avvocata Merritt Lingard (Chloe Pirrie).