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martedì, Ago 20

Dimissioni Conte, il governo finisce qui


Il presidente del Consiglio ha parlato in Senato. Attacco di Salvini. Conte pronto ad andare da Mattarella. Si aprono vari scenari

Foto di Mario De Fina/NurPhoto via Getty Images

La crisi in atto compromette l’azione di questo governo, che qui si arresta”. Con un discorso molto diretto e sentito, pronunciato di fronte all’aula del Senato di Palazzo Madama, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha posto fine all’esperienza del governo da lui guidato, aprendo ufficialmente una crisi dai risvolti per ora imprevedibili.

Conte, che ha ricoperto il ruolo di premier per 445 giorni, si è distinto più volte nel corso della legislatura per la sua opera di mediazione tra le componenti della maggioranza, un ruolo di garanzia mantenuto fino alla mozione di sfiducia annunciata da Matteo Salvini e duramente commentata con una conferenza stampa lo scorso 8 agosto.

Il discorso di Conte

La cultura delle regole e il rispetto delle istituzioni non si improvvisano, sono tratti fondamentali per ambire alla carica di ministro dell’Interno e presidente del Consiglio”. Come già accaduto all’alba della crisi, Conte ha riservato parole molto dure nei confronti di Matteo Salvini, cui ha imputato “scarsa sensibilità istituzione e grave carenza di cultura costituzionale” per la decisione di aprire una crisi di governo in pieno agosto, nonostante “già da tempo fosse chiara l’insofferenza per il proseguimento della legislatura”.

Il presidente del Consiglio è poi entrato nel dettaglio, criticando la scelta di Salvini di far riferimento al concetto di “pieni poteri” e di “piazza”, definendo “preoccupante” l’inclinazione del ministro dell’Interno. “Non abbiamo bisogno di persone con pieni poteri” è stata la sferzata del giurista, “ma con senso di responsabilità”. L’ultima stoccata Conte l’ha riservata all’esibizione di simboli religiosi, parlando di “incoscienza religiosa” in aperto conflitto con la laicità dello stato.

Giuseppe Conte non è stato tenero neanche con il Movimento 5 Stelle, accusando il suo partito di averlo lasciato solo in aula nel corso dell’informativa sul Russiagate e di aver governato orientandosi con i sondaggi.

La risposta di Salvini

“Rifarei tutto quello che ho fatto”, è stata la risposta di Salvini, che ha puntato tutto sull’accerchiamento e sulla disponibilità a tornare al voto da “persona libera”, contrariamente agli altri che “da persone meno libere” vorrebbero dare un futuro alla legislatura.

Il ministro dell’Interno ha poi ricordato l’episodio dell’audio rubato nella conversazione tra Giuseppe Conte e la cancelliera Angela Merkel, facendo riferimento a un “accordo preso in precedenza” tra Movimento 5 Stelle e Pd. “Spiegate agli italiani cosa volete fare nei prossimi anni”, ha concluso Salvini.

Cosa succede adesso

Da questo momento si apre un percorso istituzionale incerto e per alcuni versi inedito. Conte ha sottolineato a più riprese la necessità di dare continuità alla legislatura e il suo discorso in molti passaggi è sembrato essere quello programmatico, utile all’avvio di un Conte-bis. Per questo l’opzione principale al momento appare quella che porta alla formazione di una nuova maggioranza, senza Salvini e con lo spostamento dell’azione di governo in senso progressista.

Passaggio essenziale, per Conte, era quello della parlamentarizzazione della crisi – “non un vezzo da giurista”, ha premesso il premier, “ma frutto della convinzione che il confronto in aula sia lo strumento più efficace per garantire il funzionamento di una democrazia parlamentare” – e in ossequio al rispetto della prassi, il passo successivo sarà quello di rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica.

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