Protetti anche i pagamenti. “L’intero modello di business si regge sulle criptovalute, impedendo di tracciare il flusso di denaro e di collegare i clienti ai gestori del portale”, dice Orlowski. “Scoprire chi c’è dietro è complicato, anche se non impossibile”, conferma Gennaro. “Intanto possiamo lavorare su chi pubblica questi contenuti. Fondamentale è denunciare. Solo così possiamo essere certi che il materiale è stato condiviso in Rete senza consenso e perseguire chi l’ha diffuso”, spiega il vice questore.
La mancata responsabilità dei gestori delle piattaforme
C’è poi il tema della responsabilità dei proprietari di queste piattaforme. Oggi l’Italia ha leggi efficaci per punire gli utenti italiani che caricano i contenuti illeciti. Quando si tratta di un contenuto sessualmente esplicito pubblicato senza consenso, le donne possono contare su una norma ad hoc introdotta nel 2019. Battezzata Codice rosso, la legge 69 prevede il carcere da uno a sei anni e una multa da cinque a quindicimila euro per “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica, o diffonde, immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati senza il consenso delle persone rappresentate”.
Da ottobre, una nuova norma sull’intelligenza artificiale ha introdotto delle pene anche per chi condivide in modo consapevole un’immagine, un video o una voce alterati. In questo caso, è prevista la reclusione da uno a cinque anni.
Il quadro, però, cambia per chi i portali li gestisce. L’avvocato Francesco Paolo Micozzi centra il problema: “Non devono controllare in modo costante tutto quello che fanno gli utenti, ma possono essere considerati responsabili solo se sapevano di contenuti o attività illegali e non sono intervenuti per fermarli”. Allo stesso modo, chi crea un bot per il deepnude, di per sé lecito, non commette alcun reato.
I lavori in Parlamento
Sul tema sta lavorando la Commissione sulla violenza di genere. Entro dicembre dovrebbe essere pronta una relazione per il Parlamento. L’obiettivo è individuare le criticità del sistema e suggerire le misure necessarie per affrontarle. “La materia è complessa”, ammette a Wired Valeria Valente, senatrice del Partito Democratico e una delle componenti della Commissione. “Bisogna provare a tenere insieme la libertà della Rete e la tutela della dignità delle persone. E la prima deve retrocedere in favore della seconda”.
C’è però un filo rosso che accomuna i vari scandali emersi in questi mesi online così come le violenze offline. “Una cultura che porta gli uomini a pensare di possedere il corpo delle donne e di poterne disporre a piacimento, ferendo la loro dignità. Ed è prima di tutto su questo che bisogna lavorare”, conclude la senatrice.
Cosa fare in questi casi?
Se sei vittima di violenza o hai bisogno di consigli e supporto, puoi chiamare il numero unico anti-violenza 1522: è gratis, opera 24 ore su 24, 7 giorni su 7. In alternativa, il sito ti consente di avviare una chat dedicata.
Puoi rivolgerti a uno dei centri anti-violenza dell’Associazione Di.Re. (Donne in rete contro la violenza), qui c’è l’elenco regione per regione.
Nel caso di condivisione non consensuale di immagini o video, il team di PermessoNegato può fornire supporto e risponde direttamente dal sito.



