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martedì, Mar 17

Doom Eternal, il padre degli sparatutto, è tornato. Di nuovo



Da Wired.it :

Forte del successo del reboot uscito nel 2016, ecco il nuovo capitolo del gioco che ha dato origine al termine FPS (first person shooter). E che oggi fa tesoro del meglio del suo predecessore

Dopo aver svelato al mondo, nel 1993, che cosa erano gli sparatutto in soggettiva, Doom, la Bibbia del genere, è tornato nel 2016 con una sorta di “Nuovo Testamento”, un reboot ancora più veloce e violento, che ha dato nuova linfa vitale a un gioco che comunque non ha mai smesso di divertire milioni di persone. Doom Eternal, che arriva come la manna in questi giorni di isolamento (poi la smetto con i toni biblici, giuro), è il secondo capitolo di queste nuove avventure di Doom Guy, che negli ultimi anni però si fa chiamare Doom Slayer perché suona decisamente meglio.

Doom Eternal riprende il discorso più o meno dal punto in cui ci eravamo lasciati e dal quale ripartono tutti i Doom: ci sono un sacco di demoni e tu sei l’unico che può far loro paura; il resto, per quanto oggi ci sia una migliore continuità narrativa, sono orpelli che ti trasportano da un massacro all’altro. Doom, infatti, ha sempre avuto la medesima caratteristica fondamentale: sono i demoni a tremare per il fatto di essere chiusi all’inferno con il loro predatore naturale. Più sono grossi, più la musica metal ti inonda le orecchie, più di diverti e più gli spari addosso.

In questo, Doom Eternal si rivela un degno erede dei suoi predecessori, fornendoti mille occasioni e mille scenari in cui dimostrare le tue abilità… o ricordarti che, rispetto agli anni ’90, i riflessi non sono più quelli di un tempo e il game over arriva più spesso del previsto.

Un’altra caratteristica importante di Doom Eternal è il ritmo, veloce ma non privo di senno. La partita si gioca a istinto e chiama in campo i riflessi, la memoria muscolare e la capacità di rimanere sempre in movimento. Non ti ricarichi, non respiri, non fai pretattica: spari, spari, spari. Questo vale nel single player, ma soprattutto nel multiplayer, ovvero il Battle Mode, in cui ti conviene avventurarti solo dopo una adeguata preparazione.

In ogni momento è importante sapere dove sei, dove sono i tuoi nemici, che armi puoi usare per essere efficiente e qual è il modo migliore per ricacciare all’inferno tutto ciò che ti si para di fronte. Sì, perché in Doom Eternal ogni uccisione porta con sé una risorsa differente.

Eliminando i nemici, indeboliti con coreografiche mosse finali, ottieni energia vitale, dandogli fuoco con il lanciafiamme della corazza, con la motosega si ottengono invece munizioni. Poi, c’è tutta una serie di miglioramenti all’equipaggiamento che sblocca nuovi modi di far male agli altri, capacità dell’armatura e di movimento che preparano il giocatore a sfide sempre più difficili e con mostri sempre più grossi e letali.

Ecco, se si volessero trovare dei difetti in un gioco che, nella sua catartica violenza, offre solo divertimento, possiamo cercarli nelle sovrastrutture. Doom era essenziale, asciutto, privo di fronzoli. Il bisogno di novità porta con sé un arsenale fin troppo vario e complesso, che dà un senso di progressione ma complica eccessivamente le cose. Lo stesso si può dire di una serie di sessioni platform in cui ti viene chiesto di saltare, scattare e arrampicarti con il dovuto tempismo. Non siamo qua per fare i Super Mario in armatura!

Per fortuna, tuttavia, il cuore è al posto giusto, ovvero nella brutalità metal di un gioco che ha nelle sue origini il grido di libertà di una generazione cresciuta con chitarre distorte, Dungeon & Dragons, fumetti e righe di codice. Compra Doom Eternal, tuffati nel suo mondo barocco, violento, caricaturale e viscerale; fallo anche se i riflessi non sono più quelli di una volta, che tanto il livello di difficoltà è modulabile. Dopo, sarai pronto per affrontare giochi più calmi, narrativi e riflessivi, per adesso goditi la purezza del suo gameplay.

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[Fonte Wired.it]