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giovedì, Mag 25

dopo 40 anni il film fa ancora discutere | Wired Italia



Da Wired.it :

Il Ritorno dello Jedi compie 40 anni e continua ad occupare uno spazio particolare all’interno dell’universo creato da George Lucas. Terzo episodio della trilogia originale, ad oggi viene spesso indicato come il più debole dei tre, quello in cui si respirava maggiormente una svolta connessa a priorità di tipo prettamente commerciale. Eppure, celebrarne l’anniversario, significa bene o male ammettere che non riusciremo mai a voler male a questo film, per la sua fantasia, per la potenza visiva, per le emozioni che ci ha saputo regalare.

Un atto conclusivo dalla genesi molto complicata

Lucas con il Ritorno dello Jedi si trovò a misurarsi con problemi non da nulla. L’atto conclusivo di quella trilogia, arrivò dopo non tanto il grandissimo successo commerciale del primo film, ancora oggi inimitabile, ma soprattutto dopo l’uscita de l’Impero Colpisce Ancora. La critica (mai benevola all’epoca con Lucas) aveva comunque reagito in modo divisivo, trovandosi di fronte ad un secondo film che molti ritennero troppo cupo, troppo poco caratterizzato dalla commistione di generi. Il paradosso? Amarono questo il Ritorno dello Jedi, lo stesso che negli anni è stato invece messo in fondo alla classifica a favore de lImpero Colpisce Ancora, che non era semplicemente un film di intrattenimento, ma un’opera capace di approfondire i personaggi, armata di uno dei colpi di scena più leggendari della settima arte. L’iter produttivo del gran finale, fu contraddistinto dalle continue indecisioni di George Lucas riguardo il titolo, la sua atmosfera, la sorte dei personaggi, come si voleva lasciare l’universo alla fine di tutto. Vi era in lui già la certezza che si sarebbe andati oltre? Che quel mondo in una Galassia lontana non avrebbe solo venduto giocattoli ma sarebbe risorto sotto nuove vesti? Probabilmente si, ed ecco perché i difetti furono forse un prezzo da pagare.

Inizialmente la regia doveva essere di Steven Spielberg, grande amico di Lucas. Il regista però era in rotta di collisione con la Director’s Guild e non se ne fece nulla. David Lynch fu corteggiato ma non era assolutamente interessato alla cosa. Poi si virò su David Cronenberg ma pure qui niente da fare, era impegnato in la Zona Morta. Tutto questo ancora oggi è il perfetto simbolo di come Lucas non sempre abbia avuto forse le idee completamente chiare su come guidare questa gigantesca macchina che si era ritrovato tra le mani. I 33 milioni di dollari di budget erano una cifra enorme per l’epoca, eppure, già si sapeva che si sarebbe rientrati in modo trionfale.

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Alla fine si arrivò a 575 milioni di dollari, un incasso che persino oggi sarebbe considerevole. Lucas aveva vinto la sua scommessa. Oppure no? Perché il Ritorno dello Jedi appare avere un’identità abbastanza indistinta. Al dramma, dai tratti sovente shakespeariani, che vedeva infine il confronto tra Luke Skywalker e il padre Darth Vader, con la malvagità sadica e manifesta dell’imperatore Palpatine in agguato, si inserirono anche notevoli elementi comici. C’erano pure nel primo e nel secondo, ma non così tanto e soprattutto non in un film che sovente pareva targettizzato per un pubblico molto meno maturo rispetto ai due precedenti.

Ma le critiche già all’epoca erano soprattutto per loro: gli Ewoks. Erano l’esca per una fetta di mercato che Lucas e i suoi collaboratori scelsero scientificamente di coinvolgere in modo sempre più diretto: l’infanzia. L’anno dopo sarebbe uscito lo spin-off l’Avventura degli Ewoks con Warwick Davis (futuro eroe di Willow) più giochi da tavolo, giocattoli e tutto il resto. Si veniva così a verificare una palese sottomissione dell’iter creativo cinematografico e della sua coerenza, al merchandising, alla necessità comunque di capitalizzare quello che ormai, appariva palese, era diventato un oggetto di culto ben oltre il grande schermo. Ma certo, vederli sconfiggere la truppe d’élite dell’Impero, ancora oggi è davvero irricevibile. La regia alla fine andò a Richard Marquand, onesto regista britannico che però costrinse Lucas alla continua assistenza sul set. Nel primo film i legami con il cinema di Kurosawa, così con gli spaghetti western ed altri generi erano apparsi molto indovinati, nel secondo film l’iter intimo dell’eroe era il cuore di tutto. Il Ritorno dello Jedi? Aveva solo un’altra morte nera da distruggere, un’altra missione contro il tempo, una battaglia finale nella foresta che viene vinta per una serie di coincidenze poco plausibili.

Tra dramma shakespeariano e trionfo del marketing

Fatto ancora più atipico per una produzione di queste dimensioni, lo script venne pesantemente modificato a riprese già iniziate, così come il titolo, via via fino a costringere Harrison Ford a riprendere Ian Solo, personaggio che, per sua stessa ammissione, ormai non riteneva più necessario alla sua carriera. Alla fine emerse la volontà di stupire il pubblico con un’estetica che oggettivamente era davvero indovinata. Jabba the Hutt, la sua corte di tagliagole, il mostruoso sarlacc, la straordinaria battaglia stellare, siglarono ancora una volta di più la superiorità della Industrial Light & Magic nel campo degli effetti. Il Ritorno dello Jedi aveva poi un grande, grandissimo pregio: ci guidava verso un rapporto tra padre e figlio tra i più affascinanti che il cinema di intrattenimento ci abbia mai offerto. Sì, perché alla fin fine tutto riguarda quel duello finale, quel confronto che non è semplicemente tra due guerrieri, due generazioni, ma tra due diverse direzioni della vita. Luke Skywalker si trova al cospetto di un Imperatore di cui avvertiamo da subito l’essenza di pura malvagità, supportata da un’intelligenza e un’astuzia che però sono indebolite da un narcisismo e un eccesso di sicurezza palesi.

Il confronto con Darth Vader è in realtà una battaglia spirituale che Lucas voleva fin dall’inizio, quella di un uomo che deve scegliere tra tenebre e luce, tre istinto e ragione, egoismo ed altruismo. Il Ritorno dello Jedi è vero, ha diversi difetti, ma anche solo vedere Vader ritornare ad essere Anakin Skywalker, nel finale, capire che Luke aveva ragione, quando parlava con Obi-Wan Kenobi sul fatto che vi fosse ancora qualcosa di buono nel padre, toglie ancora oggi il fiato. Perché in fin dei conti, quando si parla de il Ritorno dello Jedi, si parla soprattutto proprio di lui, di Anakin Skywalker.

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Il dannato, il caduto, da certi punti di vista è la figura più iconica della storia del cinema, è un personaggio che ad un tempo è stato villain ed eroe, nemesi e salvezza. Impossibile ancora oggi non commuoversi ripensando al suo funerale, al suo spirito che torna per riconciliarsi con il vecchio maestro, a fare ciò che era stato predetto avrebbe fatto alla fine: ristabilire l’equilibrio nella forza. Lì capimmo che era lui forse, non Luke il vero protagonista della saga, con il suo connubio di luci ed ombre, la simbologia sado-maso-mortuaria che infine rinnegava, chiedendo di tornare ad essere uomo anche solo prima di morire.

Il Ritorno dello Jedi non è stato il finale migliore che si poteva donare a questa saga, ma non è stata solo colpa di Lucas, le pressioni erano aumentate, paradossalmente aveva le mani molto meno libere dei due episodi precedenti. Il cinema smetteva di essere solamente cinema, c’era il merchandising, c’era tutto un mondo di diversificazione commerciale di cui tenere conto.
Questa è stata forse l’eredità più importante, ha creato i presupposti per il moderno concetto di marketing e targhettizzazione, poi raccolta dalla Disney con la Marvel. A quarant’anni esatti dall’uscita in sala, dobbiamo ammettere che quella di non riuscire a chiudere forse nel modo migliore possibile una saga, è una trappola in cui sono caduti in tanti, con la sola eccezione forse di Peter Jackson. Ma lì c’era anche una fonte primaria non indifferente come stampella su cui appoggiarsi. Il Ritorno dello Jedi nonostante tutto, rimane un bel film di intrattenimento, un momento fondamentale non solo del genere fantasy/fantascientifico, non solo di Star Wars, ma del cinema in generale, un vero e proprio fenomeno culturale e produttivo.



[Fonte Wired.it]