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Dopo la privacy in Europa è tempo di fiducia verificabile

by | Nov 14, 2025 | Tecnologia


Dopo il Gdpr, il regolamento generale per la privacy che nel 2018 ha imposto al mondo la tutela dei dati personali, l’Europa lancia la seconda grande rivoluzione del diritto digitale: la trasparenza delle decisioni algoritmiche.

Le recenti indagini contro Meta e TikTok per violazione del Digital Services Act (Dsa) non sono soltanto un atto amministrativo: sono l’inizio di una nuova stagione della sovranità tecnologica.

Meta, infatti, è accusata di avere reso difficoltosa la segnalazione di contenuti illegali e i ricorsi contro le decisioni di moderazione, oltre a non avere garantito un accesso adeguato ai dati per la ricerca. TikTok, invece, avrebbe violato gli obblighi legati alla protezione dei minori, alla pubblicità trasparente e al controllo degli effetti di dipendenza generati dai propri algoritmi.

La Commissione non si limita a contestare un illecito. Vuole riscrivere il modo in cui le piattaforme si rapportano al potere pubblico: non più come soggetti privati che operano in uno spazio libero da regole, ma come infrastrutture di interesse collettivo.

Dal Gdpr al Dsa: una nuova grammatica del digitale

Se il Gdpr ha insegnato alle imprese a proteggere i dati, il Dsa le costringe a rendere visibili i meccanismi che li trasformano in decisioni. È il passaggio dal diritto dei dati al diritto degli algoritmi.

Il cuore della norma è la spiegabilità: capire perché un contenuto viene mostrato, un profilo sospeso, un’informazione promossa o rimossa. L’accesso dei ricercatori ai dati delle piattaforme, uno degli aspetti contestati a Meta e TikTok, rappresenta una garanzia democratica. Permette di monitorare gli effetti degli algoritmi sulla salute mentale, sull’opinione pubblica, sulla disinformazione. In altre parole, restituisce al sapere scientifico un potere di controllo che per anni è rimasto chiuso dentro i server delle piattaforme.

Il Dsa chiede loro di documentare i processi di moderazione, di creare canali di ricorso accessibili, di motivare ogni scelta algoritmica rilevante. E a partire da ottobre 2025, grazie all’atto delegato, le autorità potranno accedere a dataset anche non pubblici per verificare l’efficacia delle misure di mitigazione dei rischi.

L’intelligenza artificiale entra in scena

L’altro fronte aperto riguarda l’intelligenza artificiale. Meta investe su Llama, TikTok su modelli di raccomandazione sempre più sofisticati, X su Grok. L’intreccio tra social media e AI è ormai totale: ciò che vediamo, leggiamo e crediamo è sempre più mediato da sistemi generativi o predittivi. In questo scenario, il Dsa e l’AI Act diventano due facce della stessa medaglia. Il primo chiede trasparenza sulle decisioni algoritmiche, il secondo impone tracciabilità, testing e supervisione umana per i sistemi ad alto rischio. Insieme delineano un diritto della tecnica che mira a controllare non solo i dati, ma il modo in cui vengono usati per costruire la realtà digitale.

Appare, dunque, molto chiaro che il Dsa e l’AI Act segnano l’avvio di una nuova era della regolazione: quella della fiducia verificabile. Non è più sufficiente essere innovativi; occorre essere trasparenti. L’Europa scommette su un modello di governance che fa della legalità un vantaggio competitivo. Chi saprà rendere comprensibili i propri algoritmi e aprire i propri processi al controllo pubblico non sarà penalizzato, ma premiato. La lezione che arriva da Bruxelles è semplice: la trasparenza non è il contrario del potere. È il suo fondamento. E in un mondo in cui gli algoritmi decidono sempre di più, saperli spiegare è la prima forma di libertà.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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