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sabato, Mar 07

Dovremmo smettere di parlare di queste non notizie sul coronavirus



Da Wired.it :

Appaiono sui giornali, rimbalzano sui social e diventano l’oggetto del chiacchiericcio generale, ma di fatto non sono nemmeno delle vere e proprie notizie. E hanno l’effetto di distogliere l’attenzione dalle questioni più rilevanti

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(foto: Kontrolab/Getty Images)

Novità, rilevanza e imprevedibilità sono tra le caratteristiche fondamentali che rendono tale una notizia, o almeno così sostengono i manuali sul giornalismo. Eppure soprattutto nell’ultima settimana, forse per una parziale mancanza di argomenti inediti da gettare nell’enorme calderone comunicativo del coronavirus, testate giornalistiche e altri mezzi di informazione stanno proponendo come notizie anche informazioni che proprio non lo sono.

E non si tratta tanto del mettere sotto i riflettori dei casi individuali svelando particolari al limite della deontologia giornalistica, ma soprattutto del proporre come freschi dei contenuti che sono ormai ribolliti, che hanno scarsa rilevanza o che erano del tutto prevedibili. O, magari, tutte e tre le cose assieme.

Il bollettino della sera

Un caso evidente di questo trend è il classico titolo giornalistico   aumenta il numero dei contagi, o in modo del tutto equivalente l’accumularsi di ulteriori ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi di persone risultate positive al virus. Ormai è chiaro da giorni: la crescita del numero di persone coinvolte dall’infezione sta seguendo in modo terribilmente preciso un modello matematico esponenziale, che porta non solo ad avere ogni giorno numeri più grandi, ma anche a una progressiva accelerazione del ritmo stesso della crescita. Tanto che né l’aumento dei numerelli tout court né il divario sempre maggiore tra un bollettino e il successivo dovrebbero sorprendere, perché semplicemente confermano che sta continuando a succedere sempre la stessa cosa.

Certo, i numeri hanno già di per sé un proprio contenuto informativo, e anzi è importante restare aggiornati sui vari conteggi per rinfrescare nelle nostre menti l’urgenza e la necessità di mantenere comportamenti virtuosi e prudenti. Ma che i contagi siano “il numero più alto di sempre” non è, ahinoi, una notizia.

Vediamola al contrario, in senso positivo. La notizia, quella buona e da gridare con grande soddisfazione, ci sarà quando l’attuale tendenza sarà invertita, nel senso eclatante che i contagi avranno finalmente iniziato a calare il ritmo, oppure perlomeno che la crescita avrà smorzato la sua corsa dal temibile incremento esponenziale verso qualcosa di meno ripido. È quella notizia che tutti spereremmo di poter dare ogni pomeriggio alle 18:00 dopo aver sentito le parole del numero uno della Protezione civile Angelo Borrelli, ma che al momento purtroppo non c’è.

Ancora più grottesca, a dirla tutta, è la questione dei guariti, ossia delle persone ex-positive che si sono negativizzate al test del tampone faringeo. Indovinate? Il numero dei guariti cresce ogni giorno, nella maggior parte dei casi battendo il record stabilito proprio il giorno precedente. Qui l’inghippo non sta solo nella questione della notiziabilità, ma anche nel modo in cui il numero viene percepito. Non serve un dottorato di ricerca in statistica, infatti, per accorgersi che ogni giorno il numero di guariti è sì in crescita, ma con valori molto inferiori rispetto al numero dei nuovi contagi. Dunque porre l’enfasi su quel dato sembra quasi un voler dare forzatamente una notizia positiva, quando invece chiunque stia attento alle cifre non può che dedurne il contrario, dato che il numero di infetti sta continuando a crescere.

In realtà l’aspetto positivo c’è, ma è un altro: quelli che noi contiamo sono solo i guariti tra chi era risultato positivo al tampone, ma è plausibile che ce ne siano molti altri tra gli asintomatici e tra coloro che manifestano sintomi lievissimi. Ricordando, poi, che la probabilità individuale di guarigione è mediamente superiore al 96%, e a seconda delle statistiche e della fascia d’età può arrivare anche oltre il 99%.

L’inutilità dell’untore tedesco

Da quando ha ripreso a circolare la notizia del cosiddetto paziente zero europeo in Germania a fine gennaio – già nota da settimane, peraltro – più di una testata giornalistica si è lanciata nella narrazione di come i contagi italiani sarebbero pronipoti di quel micro-focolaio che è stato documentato in Baviera ormai 5 settimane fa.

Se l’argomento è di grande interesse dal punto di vista della ricerca, questa caccia al presunto untore è di fatto del tutto sterile e inutile dal punto di vista informativo, oltre che scientificamente ancora da dimostrare. Prima di tutto, e su questo occorre essere chiari, l’ipotetica argomentazione della catena tedesco-italiana del contagio farebbe intendere una linearità nella trasmissione che di fatto iper-semplifica la realtà (basta vedere questa ramificazione dell’evoluzione genetica del coronavirus per rendersene conto), e poi cozza con un’altra questione ancora aperta, ossia la data di effettivo avvio del focolaio lodigiano, che qualcuno propone di anticipare almeno alla metà di gennaio.

Ma anche qualora si stabilisse che i contagi lombardi sono derivati da quelli bavaresi, la notizia meriterebbe al più una citazione di striscio. Che importanza ha, oggi, che il contagio sia arrivato in Italia facendo scalo in Germania, in Francia, in Turkmenistan o in Giappone? Ne avrebbe se il contagio fosse così circoscritto da poter dare una mano nella ricostruzione del contact tracing, ma ormai, con migliaia di casi solo nel nord si tratta di una speculazione del tutto irrilevante, se non addirittura allusiva di una caccia in corso allo stregone straniero.

Del resto lo hanno ribadito le nostre istituzioni, l’Organizzazione mondiale della sanità e pure gli epidemiologi: l’alta contagiosità di questo nuovo coronavirus lo rende di fatto incontenibile, e non ha senso additare qualcuno come appiccatore del focolaio.

Scenari e confronti

Diversi nei contenuti ma uniti dalla stessa sterilità informativa sono due altri interi filoni di notizie. Il primo riguarda le ipotesi di misure politiche ed economiche a medio-lungo termine, tanto per la scuola quanto per le attività produttive, sia in Italia sia all’estero. Ormai è evidente a tutti che l’elemento cruciale da tenere sott’occhio è la curva epidemiologica della malattia, e che molto di ciò che accadrà nelle prossime settimane (o mesi) dipenderà da quanto risulterà efficace il contenimento del contagio, per cause dipendenti o indipendenti dalle misure adottate dal governo. Riapertura delle scuole, impatto sul settore turistico e ripresa degli eventi sono solo tre degli infiniti esempi possibili su fenomeni a valle dell’evoluzione dell’epidemia. Non ha senso, dunque, fare previsioni su questi scenari finché non ci saranno – e a oggi non ci sono affatto – valutazioni scientificamente solide su quando i contagi saranno finalmente smorzati.

L’altro filone è l’evergreen del confronto con gli altri paesi, soprattutto europei. Man mano che il computo delle persone positive al virus aumenta, includendo anche il resto del Vecchio Continente, le tesi pseudo-complottiste sul fatto che l’Italia abbia un conteggio drogato dei casi perdono di efficacia. In parallelo, però, sembra stia partendo la moda de l’avevamo detto, con una serie di auto-proclamate notizie sul fatto che anche gli altri paesi stiano registrando sempre più positività. Pure in questo caso però manca del tutto l’elemento di novità e di imprevedibilità, perché da tempo è evidente che (seppur con alcuni giorni di ritardo rispetto all’Italia) anche i nostri vicini di casa stiano assistendo a una fase di crescita esponenziale del contagio, che si cercherà di contenere proprio come è accaduto da noi nelle ultime due settimane.

E allora non si può più parlare di niente?

È vero, da più voci si sta alzando la richiesta di ridurre un po’ il numero di articoli e servizi dedicati al coronavirus, anche per non alimentare la psicosi oltre il giusto livello di attenzione. Ma in generale le novità rilevanti ci sono ogni giorno: dagli sforzi di ricerca per trovare cure e vaccini all’applicazione delle norme straordinarie volute dal governo, fino al troppo spesso trascurato livello di attenzione nelle attività sociali minori. Senz’altro meritano di essere ripetute le regole di buon comportamento per evitare quanto possibile la trasmissione del virus, e poi gli spunti sono infiniti: dal modo in cui il sistema sanitario sta gestendo l’epidemia alle analisi sempre più raffinate sulla storia e sulle caratteristiche del virus, passando per il debunking delle bufale e gli aggiornamenti rilevanti da altre aree del mondo. Senza il bisogno di ribadire in continuazione, e stancamente, sempre le stesse non-notizie.

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[Fonte Wired.it]