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martedì, Gen 07

Dracula, la miniserie degli autori di Sherlock tra capolavoro e disastro


Dagli sceneggiatori di Sherlock e Jekyll, Steven Moffat e Mark Gatiss, la trasposizione del romanzo vampiresco di Bram Stoker si suddivide in tre film a sé stanti dal risultato spiazzante e disomogeneo

Il conte Dracula, vampiro prediletto della cinematografia creato dalla penna dell’irlandese Bram Stoker, torna con il recente adattamento televisivo coprodotto da Bbc e Netflix e firmato dalla coppia di autori britannici Steven Moffatt e Mark Gatiss (Sherlock, Jekyll). Disponibile sulla piattaforma streaming in questi giorni, Dracula si rifà alla struttura e allo stile di programmazione inaugurati lo scorso decennio da Sherlock: fa infatti il suo debutto a gennaio con tre episodi indipendenti (tre film a sé stanti) da un’ora e mezza che da un lato riprendono fedelmente l’opera originale e i suoi personaggi, dall’altra li stravolgono completamente. Tre storie indipendenti, come accennato, che meritano distinte valutazioni.

Il primo episodio, Le regole della Bestia ripercorre le vicende narrate nel romanzo di Stoker e legate ai preparativi del centenario vampiro per disfarsi dell’esilio che si è imposto tra le lande sperdute della Romania e partire alla conquista del Regno Unito. Moffat e Gatiss hanno un debole per i capolavori della letteratura britannica di genere dell’ultimo ventennio del XIX secolo e conoscono a menadito il libro di Stoker così come i romanzi di Stevenson e Doyle fonti delle trasposizioni precedenti. Le regole della Bestia ricostruisce il soggiorno del legale britannico Jonathan Harker nel castello cadente del vetusto nobile transilvano che ha richiesto i suoi servizi, un soggiorno che è una lenta discesa nella follia, nell’orrore e nella disperazione.

Dracula è il perverso, sadico e amorale mostro delle origini – prima che un certo cinema lo trasformasse in un eroe romantico – e il suo interprete, il danese Claes Bang, ricorda anche nelle fattezze quell’irsuto e ferale originale letterario ben poco attraente. Il confronto finale tra questo versione selvaggia del Cristopher Lee dei film horror della Hammer e lo strepitoso personaggio inedito della scettica Suor Agatha alle porte del convento è un meraviglioso concentrato di provocazione, orrore, eresia e perversione; assieme al plot twist – immancabile nelle serie di Moffat – legato al personaggio di Van Helsing fa di questo episodio un quasi capolavoro.

Veliero di sangue, la seconda parte di Dracula, si rifà come la prima a una parte del romanzo, dedicata al viaggio di Dracula verso l’Inghilterra. Il conte, con appresso le casse di terra di Transilvania necessarie al suo riposo, affronta la traversata spacciandosi per un amichevole passeggero, in realtà decimando gradualmente l’equipaggio. Claustrofobica e alienante, questa seconda puntata è una sorta di Titanic in salsa horror che introduce una serie di personaggi destinati a perire tutti prima dell’epilogo.

La coppia di giovani nobili appena sposati con al seguito un amico particolare, il medico indiano con la figlia sordomuta, il capitano connivente, la ciurma superstiziosa: nella psiche di uno di loro si rispecchia l’animo di uno spettatore. Il Dracula di questa puntata è quello ambiguamente soave e mefistofelico che fatica a controllare la propria violenza e la dipendenza dal sangue. Il suo sadismo, finora rivolto solo al piacere personale e nel totale disinteresse delle vittime, evolve grazie all’attrazione per una di loro (il passeggero misterioso della cabina 9), tanto da trasformare questo secondo capitolo nella seducente disamina della passione malata di un aguzzino per la sua vittima. Un altro buon risultato… fino alla svolta finale.

La bussola oscura sposta l’azione ai giorni nostri. Dracula ha riposato sul fondo del mare a pochi passi dalle coste inglesi per un centinaio di anni, e ad aspettarlo c’è una losca organizzazione che non vede l’ora di studiarlo e sperimentare su di lui. La prima parte di questo capitolo è pressoché identica al Jekyll di Moffat e Gatiss, per poi cambiare rotta e trasformarsi nel diario del vampiro alle prese con il XXI secolo. La suggestione del primo episodio, confezionato mirabilmente in un horror gotico perfetto si perde totalmente nella trasposizione contemporanea. L’ironia che aveva contraddistinto Le regole della Bestia andata perduta in Veliero di sangue torna, ma il resto non funziona. Troppo brusco il cambiamento, troppa carne al fuoco e troppo poco tempo. Il materiale con cui gli autori infarciscono l’episodio basterebbe per un’intera stagione. Gli spunti, alcuni brillanti, come quello dei non morti, così solamente accennati perdono incisività.

Le ragioni di Dracula – l’attrazione di Dracula per la vacua Lucy, la verità sulla sua paura per le croci… – non hanno giustificazione narrativa e il finale attinge alle meditazioni esistenziali personali che contraddistinguono le opere di Moffat ma senza che questi riesca a inserirle organicamente nella trama. Con a disposizione un’intera stagione per approfondire la nuova mitologia di Dracula, svelare qualcosa in più sulla fondazione Harker e soprattutto dedicare più spazio ad Agatha, questo ultimo capitolo avrebbe potuto diventare un altro intrigante adattamento come Jekyll o Sherlock, in questo stato è poco più che un’occasione sprecata.

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