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martedì, Nov 05

E se i contratti delle “Terms and conditions” li scrivessimo noi?


Abbiamo chiesto come salvare i nostri dati dalle Big Tech all’assessore all’innovazione tecnologica della città di Barcellona Francesca Bria, che il 5 e 6 novembre ne parlerà a Torino durante l’evento Decode Symposium

(foto: Art Rickerby/The LIFE Picture Collection via Getty Images)

Spiegata facile: avete presente i contratti Terms and conditions da centinaia di pagine che accettate quasi sempre senza neanche leggere ogni volta che vi registrate felici a un sito? Ecco, l’assessore all’innovazione tecnologica della città di Barcellona Francesca Bria vuole renderli chiari e trasparenti, facendone scrivere termini e condizioni a voi, per poi farli leggere e accettare alle aziende.

Una rivoluzione copernicana dei dati, cui Francesca ha dedicato buona parte degli ultimi tre anni della sua vita, assieme al team di Decode. Il progetto (qui tutti i tool), legato all’Unione europea, vuole dare una risposta alle preoccupazioni dei cittadini riguardo alla perdita di controllo sulle proprie informazioni personali quando navigano sul web. E ha lavorato negli ultimi anni per fornire alternative democratiche e decentralizzate ai modelli dominanti.

Già Assessora alle tecnologie e all’innovazione del Comune di Barcellona e oggi Senior Adviser presso le Nazioni Unite, Francesca esporrà i risultati del suo progetto il 5 e 6 novembre a Torino, durante l’evento Decode Symposium che si tiene alla Centrale della Nuvola Lavazza (sul sito ufficiale il programma completo e la possibilità di registrarsi).

Sovranità digitale, la chiama lei. “Insieme a esperti di blockchain e privacy, stiamo creando una piattaforma decentrata con protocolli crittopgrafici, in cui ogni cittadino potrà accedere, decidere quali dati condividere, come e con chi. Potrà ad esempio scegliere di condividere i dati della sua mobilità con la città, per migliorare i trasporti, ma non con aziende come Uber. Potrà dare i suoi dati sanitari al suo ospedale ma non alle compagnie di assicurazioni. Creerà, da casa sua, una propria policy dei dati, che sarà criptografata e certificata attraverso la tecnologia blockchain”.

Francesca Bria

Il progetto pilota è a Barcellona, con la piattaforma Decidim.org: “Quattrocentomila cittadini iscritti hanno partecipato alle politiche pubbliche, al bilancio partecipativo e a iniziative per la sostenibilità”.

Perché è questo il senso anche del Decode Symposium, l’unica strada sensata per percorrere il futuro tecnologico è quello di dominarlo. O quantomeno di controllarlo. “Non possiamo permetterci che il nostro futuro sia determinato da poche compagnie private il cui unico fine è il profitto, e il cui unico mezzo per ottenerlo sono i nostri dati. Dobbiamo dare una direzione al cambiamento tecnologico. E fare in modo che l’attuale rivoluzione industriale venga messa al servizio dei problemi della società: cambiamento climatico, transizione energetica, mobilità sostenibile, sanità ed educazione migliori e per tutti”. 

E tutto, lo vogliamo o no, parte dalla riappropriazione dei nostri dati, “l’asset principale delle Big Tech, dal valore di circa cinque trilioni l’anno”. L’Europa, stretta tra Usa e Cina nella guerra per la supremazia digitale, è il naturale avamposto per una regolamentazione dei dati: “La Commissione europea è l’unica autorità che ha avanzato un vero quadro normativo per la società digitale, occupandosi di Gdpr (regolamentazione sulla protezione dei dati), tassazione delle piattaforme digitali e antitrust per limitare i nuovi monopoli”.

La regolamentazione è solo il primo passo: “Poi viene una politica molto ambiziosa sul digitale che combini investimenti pubblici e privati in Intelligenza artificiale, infrastrutture critiche, criptografia, blockchain. Il tutto, proteggendo la privacy dei cittadini”. Il risultato è un modello alternativo di sviluppo, “che trascende il capitalismo di sorveglianza, quello in cui dati sono una merce in mano a poche grandi aziende, e lo sostituisce con una democrazia dei dati, in cui il cittadino ha la sovranità e il controllo sui suoi propri dati e li cede per lo sviluppo collettivo, creando valore pubblico”. Il sovranismo che ci piace.

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