Seleziona una pagina
mercoledì, Set 02

E se le elezioni regionali finissero 6-1 per la destra?



Da Wired.it :

Il Sì al referendum delegittimerebbe il Parlamento, ma col probabile tracollo nei territori i giallorossi dovrebbero confrontarsi col fallimento del primo anno di governo e Conte vedersela con due Camere imbizzarrite

(foto: Donatella Giagnori / Eidon/Ipa)

L’Italia del 22 settembre potrebbe essere molto diversa da quella di oggi. In alcune delle sette regioni che andranno al voto, infatti, la situazione è piuttosto fluida. Solo in Campania il centrosinistra appare saldamente in testa, sempre che Vincenzo De Luca possa essere definito un governatore di centrosinistra o non, piuttosto, un outsider che da sempre fa storia a sé. Secondo i sondaggi degli scorsi giorni, come quello di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera, in Puglia Fitto sarebbe in leggero vantaggio su Emiliano (41% contro 39,4%), mentre secondo un sondaggio Winpoll-Cise per Il Sole 24 Ore in Toscana Giani (centrosinistra) staccherebbe al momento la leghista Ceccardi di appena mezzo punto, 43% contro 42,5%. Per la regione rossa per eccellenza il ribaltone è dunque possibile.

Non solo: nelle Marche, altra regione storicamente a sinistra, il passaggio di testimone è addirittura più probabile, con Acquaroli di Fratelli al 51,8% contro il 36,1% di Mangialardi. E se in Veneto Zaia trionferà con percentuali da intimidire Lukashenko, anche in Liguria i giallorossi – che su Ferruccio Sansa hanno trovato l’unico accordo di questa tornata amministrativa – non potranno nulla contro il 60,1% accreditato al presidente uscente, l’ex forzista Toti.

A conti fatti, includendo la Valle d’Aosta – dove pure il centrodestra è in vantaggio ma che vive di equilibri e dinamiche ultraterritoriali – Pd e Movimento 5 stelle potrebbero svegliarsi con un sonoro 6-1 da affrontare. Più probabile che, alla fine, la sfida si concluda con un altrettanto deludente 5-2, salvando la Toscana dalla caporetto sull’Arno. Mentre un 4-3 che riuscisse a confermare anche la Puglia aprirebbe già prospettive diverse: Veneto e Liguria non sono al momento contendibili per fattori specifici (la ricostruzione del viadotto sul Polcevera e la gestione dell’epidemia) che, a torto o a ragione, premiano in modo schiacciante governatori uscenti.

In più, i due partiti di maggioranza si ritroveranno con il taglio dei parlamentari confermato da una percentuale di voti positivi al referendum costituzionale davvero molto elevata. Gli ultimi sondaggi non sembrano dare troppe speranze al fronte del No che pure, negli ultimi giorni, parrebbe essersi rianimato (Eumetra parla di un 74% di Sì, DemosPi& Demetra per Repubblica addirittura all’82%), come sempre dilaniando i partiti. Anche in questo caso, un sostanzioso quanto improbabile recupero dei No potrebbe al contrario dare un segnale diverso a palazzo Chigi.

Con la vittoria dei Sì le Camere elette rimarrebbero ovviamente nel pieno del loro legittimo mandato e la nuova composizione, che per giunta comporterà una complessa revisione di regolamenti e commissioni, entrerà in vigore dalla XIX legislatura, cioè dopo le prossime elezioni politiche. Ma non è da escludere che, visto il clima e in particolare la scarsa consapevolezza istituzionale degli italiani, Salvini e Meloni – specie se vincitori in Toscana e Puglia – possano iniziare una campagna di ulteriore e dannosissima delegittimazione dei lavori di Montecitorio e Palazzo Madama. Dando in pasto al paese slogan pronti su come, per esempio, nelle due assemblee siedano ormai 345 persone di troppo, e stabilendo così il Parlamento non abbia più senso.

Se nel caso del referendum non avrebbero alcuna possibilità di ascolto dal presidente della Repubblica, l’unico che può sciogliere le Camere, l’eventuale, disastroso esito delle regionali concluderebbe invece in modo traumatico il primo anno di governo giallorosso. Perché segnerebbe da una parte l’assoluto fallimento del percorso di Nicola Zingaretti alla segreteria del Pd (nessuna delle condizioni poste un anno fa alla base del sostegno al Conte bis è diventata legge), anche perché i pentastellati nel frattempo incasseranno una nuova batosta sui territori.

Dall’altra, significherebbe inaugurare un ulteriore fronte di deterioramento per Giuseppe Conte e in generale per quel che rimane della legislatura: l’avvocato dovrebbe confrontarsi con un parlamento a dir poco imprevedibile che lavorerebbe da una parte sapendo che è il suo ultimo giro di giostra – con molti deputati e senatori in fibrillazione per il proprio futuro politico – e dall’altra con un’opinione pubblica che lo ha delegittimato sotto ogni punto di vista. Non esattamente il quadro ideale per traghettare il paese fuori dalla peggiore crisi socioeconomica e sanitaria della sua storia repubblicana.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]