Per partecipare a qualsiasi progetto scolastico sull’educazione sessuo-affettiva alle scuole medie e agli istituti superiori, gli studenti avranno bisogno del consenso scritto dei genitori. Questo quanto evidenziato dal disegno di legge (ddl) Valditara, approvato in prima battuta dalla Camera con 151 voti favorevoli e 113 contrari. Il decreto non stabilisce quali corsi debbano essere tenuti, né lo rende obbligatorio, ma lascia piena libertà agli istituti di decidere se attivarli. L’obiettivo del ddl è chiaro: ogni attività dovrà partire solo dopo che le famiglie avranno ricevuto tutte le informazioni necessarie ed espresso il loro consenso.
Come ha dichiarato dallo stesso ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara: “È importante per una corretta conoscenza del corpo e della sua evoluzione biologica, per una protezione dai rischi di malattie sessualmente trasmissibili e per una consapevole gestione della sessualità”, sottolineando l’aspetto educativo del provvedimento.
Cosa prevede il ddl Valditara
Serve il consenso delle famiglie
Secondo il provvedimento, la scuola deve informare le famiglie con almeno 7 giorni di anticipo rispetto allo svolgimento dell’attività stessa. Secondo quanto evidenziato nel provvedimento, ai genitori devono essere comunicate “le finalità, gli obiettivi educativi e formativi, i contenuti, gli argomenti, i temi e le modalità di svolgimento delle attività oltre che l’eventuale presenza di esperti esterni o di rappresentanti di enti o di associazioni a vario titolo coinvolti”.
La partecipazione dello studente è possibile solo dopo la restituzione del consenso informato firmato, in caso contrario, lo studente dovrà seguire un’attività alternativa decisa dalla scuola.
Nel caso siano coinvolti esperti esterni, il collegio dei docenti e il consiglio di istituto dovranno valutarne competenze, esperienza e adeguatezza rispetto all’età degli studenti. In sostanza, la legge non dice cosa insegnare, ma definisce un iter rigido e obbligatorio per chi decidesse di attivare i corsi.
Il comma quattro dell’articolo uno precisa inoltre che “per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria sono escluse, in ogni caso, le attività didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi ad oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità”, chiarendo il perimetro del ddl.
Perché molti corsi potrebbero non partire
Il ddl Valditara non obbliga le scuole a creare corsi su sessualità e affettività, né stabilisce programmi nazionali o contenuti standardizzati. Ogni istituto potrà decidere autonomamente se proporre attività di questo tipo rispettando però le regole sul consenso.
Ciò che è però evidente, è che l’obbligo di fornire informazioni dettagliate, raccogliere consensi scritti e valutare esperti esterni rende l’organizzazione dei progetti complessa e impegnativa. Ma il vero problema riguarda anche i fondi. Senza finanziamenti aggiuntivi, le scuole dovranno infatti gestire tutto con le risorse già disponibili, il che aumenta il rischio che molte attività su sessualità e affettività non vengano attivate, anche dove ci sarebbe interesse.



