Edward mani di forbice rimane ancora oggi il film simbolo di un regista, Tim Burton, capace quel 7 dicembre 1990 di stupire il mondo, di donarci un’opera che continua ad avere un posto speciale nell’immaginario collettivo. A 35 anni di distanza questa bellissima fiaba cinematografica, rimane il suo film più importante, più personale e anche più riuscito.
Un regista completamente diverso da ogni altro
Edward mani di forbice fu una scommessa davvero rischiosa per Tim Burton, che si giocò gran parte del credito che si era guadagnato sul finire di anni ‘80, quando la sua stella aveva cominciato a brillare. Per lui, quel film doveva essere una confessione, era un’opera che aveva sognato fin dagli inizi in gioventù, per rappresentare ciò che era stata la sua infanzia ed adolescenza a Burbank. Mentre stava finendo di girare il suo Beetlejuice – Spiritello porcello, cominciò a parlare con la giovane sceneggiatrice Caroline Thompson, per sviluppare una sceneggiatura che richiese un lavoro incredibilmente complesso. Insieme però, i due seppero convogliare una vastità incredibile di tematiche, riferimenti, omaggi, che rendono ancora oggi questo film qualcosa di unico. Tim Burton si era fatto le ossa con un numero sterminato di cortometraggi a partire dagli anni ‘70. Frankenweenie nel 1984 gli era costato il posto alla Disney ma aveva trionfato nell’home video e lo aveva posto all’attenzione delle Major.
Poi con Pee-wee’s Big Adventure il pubblico aveva sancito la sua approvazione, a cui erano seguiti i successi stratosferici di Beetlejuice e di quel Batman , che gli procurò enorme credito presso la industry. Non fu però la Warner Bros. a produrre Edward mani di forbice, se ne occupò la 20th Century Fox, che fiduciosa acquistò i diritti. Poco male, perché dalla Fox, Tim Burton ebbe carta bianca e un budget che arrivò a sfiorare i 20 milioni di dollari per la sua creatura. Edward mani di forbice sarebbe diventato la sua Guernica, la sua Mona Lisa, il simbolo di un percorso autoriale che lo avrebbe reso per quasi vent’anni un autore amato da tutto il mondo. La perfezione che ancora oggi rappresenta questa storia tragica e dolcissima, non può essere compresa senza ricordarsi quanto Edward mani di forbice sia stato il suo film più personale, capace di convogliare dentro di sé l’anima gotica più pura che Burton ha sempre adorato, e che avrebbe dominato gran parte della sua carriera.
Edward mani di forbice ebbe una produzione complicata, la visione di Burton lasciò interdetti moltissimi interpreti. Rifiutarono o non convinsero nomi del calibro di Gary Oldman, Tom Cruise, Jim Carrey e Robert Downey Jr.. Nella mente di Burton, solo Johnny Depp poteva essere Edward. Non ci avevo mai parlato, ma la sua performance nella serie Tv I quattro della scuola di polizia lo aveva colpito profondamente. Depp all’epoca si sentiva confinato nella dimensione di Teen Idol e non aspettava altro che un progetto come questo per dare una svolta alla sua carriera. 35 anni dopo, siamo ancora qui a ripensare al suo Edward, creato da uno scienziato pazzo, con le forbici al posto delle mani. Creatura disgraziata, incompleta e silenziosa, viene salvato dalla gentile Peggy Boggs (Dianne Wiest) che lo accoglie nella sua famiglia. Oltre al marito Bill (Alan Arkin), al figlio Kevin (Robert Olivieri), chi giocherà un ruolo chiave sarà la figlia Kim, che il volto angelico di una bravissima Winona Ryder.
La Rider diventò con questo film ancora di più il simbolo di una femminilità molto diversa dal solito. Edward mani di forbice si concentrò su due temi principali: la solitudine e la diversità. Edward altri non era che Tim Burton stesso, quando non riusciva ad avere amici, si sentiva incompreso da tutti, era sempre messo in un angolo ed emarginato. La diversità di Edward è fisica certo, ma Burton la rende metafora di un qualcosa di più profondo, di spirituale. Egli è innocente, puro, disgraziato nell’aspetto, almeno per gli altri, con il suo ferirsi a causa di quelle mani che non gli furono completate, quanto mite ed altruista. Benché condannato ad essere evitato dai più, si rivelerà dotato di un genio artistico unico, che esprimerà proprio con le mani taglienti che sono la sua dannazione. Verrà emarginato, ridicolizzato, descritto come o un mostro o addirittura come un fenomeno da baraccone da quell’umanità provinciale, che Burton fin dall’inizio avvolge delle vesti dell’apparente “normalità” o supposta tale.
Una fiaba di enorme raffinatezza e profondità
Edward mani di forbice per Tim Burton diventa l’esemplificazione della teoria secondo la quale l’artista non può che abbracciare la solitudine, venire emarginato in quanto anomalia rispetto ad un contesto mediocre ed ostile. Non un caso che tutto si svolga nella provincia americana, cioè l’esatto contesto in cui Burton era cresciuto. Si è scritto tanto, tantissimo sui riferimenti che Tim Burton inserisce in Edward mani di forbice a quel cinema, che negli anni ‘20 o ’30 ci aveva donato capolavori come Il gobbo di Notre Dame, Il fantasma dell’opera, Frankenstein, Il mostro della laguna nera così come i film della Hammer. Ma si connetteva anche a Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, Franz Kafka, Bram Stoker od Horace Walpole. Non abbastanza però è stato forse detto sulla componente sociale e politica di Edward mani di forbice. Fin dall’inquadratura iniziale, ci troviamo dentro ad una realtà dai colori pastello, in cui un’umanità piatta e omologata si adagia pigramente sulla propria superficialità.



