Guardando dove sei arrivata oggi, provi una certa soddisfazione pensando a chi non credeva in te o non ti ha dato un’opportunità? Puoi anche essere un po’ cattiva.
All’epoca non ero ancora al livello di oggi. Non riuscivo a raggiungere certe note alte, quindi capisco le scelte che sono state fatte. Penso che ogni cosa accada per un motivo. Ma sì, provo soddisfazione nel sapere di non essermi arresa, di aver continuato a provarci. Il mio rimpianto più grande, quando sono stata scartata, era aver deluso l’Ejae undicenne — quella che sognava davvero di diventare cantante. In questo senso, spero di averla resa orgogliosa.
Ho ascoltato un’intervista con la co-regista Maggie Kang, che raccontava quanto le siano serviti anni solo per riuscire a proporre questo film. Cosa significa, per te, vivere questo primo successo con una storia asiatica e coreana?
Oh mio Dio, significa tutto. Per me, da donna coreano-americana e asiatica, ha un valore immenso. Ed è bellissimo essere finalmente rappresentate in modo diverso dal solito: non le solite figure femminili dell’immaginario orientale – sottomesse, silenziose, passive – ma donne vere. Io non sono così: sono diretta, schietta, dico quello che penso. Finalmente c’è un film di supereroine coreane che mostra quanto possano essere divertenti, buffe, spontanee. Non solo forti e toste, ma anche autentiche. E poi adorano mangiare – lo faccio sempre anch’io. Ci abbuffiamo, ed è bellissimo vedere anche quello rappresentato sullo schermo.
Come saranno i prossimi mesi per te? Come pensi di sfruttare questo momento? Ho visto che alcuni fan dicono di volerti vedere in tour, magari con gli ologrammi dei personaggi. Lo faresti?
Chi lo sa? Io ci starei, ma non dipende da me. Però sì, assolutamente. I fan di KPop Demon Hunters sono incredibili. Sono così gentili. Davvero, incredibilmente gentili.
Sembri sorpresa.
No, no. È solo che a volte il fandom può fare un po’ paura, ma loro sono accoglienti, comprensivi, incoraggianti. Quindi sì, mi piacerebbe un sacco poterli conoscere.
Volevo chiederti proprio del fandom del K-pop, perché da fuori sembra piuttosto intimidatorio.
Lo è, assolutamente. Ma apprezzo la loro passione. Quando ero trainee nel K-pop c’era una boy band chiamata Tvxq, all’epoca erano enormi. Ricordo ancora la sala prove al terzo piano: per arrivarci dal piano terra dovevamo passare davanti a una porta di vetro. I fan si ammassavano lì fuori e cercavano di aprirla. Una volta riuscirono ad aprire una piccola fessura, e ogni volta che una trainee passava ci lanciavano rifiuti e ci insultavano. Ricordo solo che avevo paura.




