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venerdì, Ott 11

El Camino, il film di Breaking Bad, è il trionfo di Jesse Pinkman


No spoiler – È arrivato su Netflix il film/capitolo finale della serie di Vince Gilligan, tutto dedicato al co-protagonista della parabola criminale di Walt White. Aaron Paul è eccezionale, è questo è l’epilogo che meritavamo di vedere

Il futuro di Jesse Pinkman non era scritto: almeno fino a quando Vince Gilligan, creatore, showrunner e regista di Breaking Bad non ne ha scelto uno per lui e lo ha raccontato in El Camino. Il film che fa da epilogo alla serie seminale con Bryan Cranston nei panni del professore di chimica che cucina metanfetamine è ora disponibile su Netflix, confezionato per rivelare – sei anni dopo la conclusione della serie – il destino dell’unico sopravvissuto alla resa dei conti tra Walter White, ormai divorato dal proprio abisso di oscurità screziate dell’azzurro dei cristalli di droga, e la gang di Todd, sociopatico dai modi affettati. El Camino riprende dal momento della fuga di Pinkman e registra le 48 ore successive, durante le quali il nostro si gioca il tutto per tutto per salvare la pelle.

El Camino è il nome dell’automobile che infrange i cancelli che lo tenevano prigioniero (Jesse è stato per mesi legato a una catena e rinchiuso in una gabbia, costretto a cucinare droghe per i suoi aguzzini) ma è anche il percorso che l’ex studente di Walt intraprende verso un’auspicata nuova esistenza. La fuga di Jesse – concitata, ma anche puntellata di pause di riflessione e di una immobilità ancora più snervante – è scandita dai suoi incontri: alcuni commoventi, come quelli con gli amici Badger e Skinny Pete che lo aiutano a far perdere le proprie tracce (e un breve, indimenticabile scambio di battute di commiato tra quest’ultimo e Pinkman); altri forieri di terribili ricordi e di violenti epiloghi; altri ancora bizzarri e surreali.

La narrazione di El Camino scorre lungo passato e presente, tra i flashback che ricostruiscono i terribili mesi di prigionia e altri costellati di camei (alcuni prevedibili, altri sorprendenti) e un presente diviso tra i ricordi da incubo di Jesse e le prospettive di un futuro agognato fatto di temperature gelide, silenzi e solitudine… tutto l’opposto dell’accalorata frenesia di Albuquerque che il nostro vorrebbe lasciarsi alle spalle. Questo film, che deve moltissimo alla bravura del suo protagonista Aaron Paul, qui eccezionale, funziona più come un episodio lungo di Breaking Bad che come un lungometraggio: impossibile da seguire se non si conosce la serie (e perché mai qualcuno vorrebbe farlo senza aver mai visto Breaking Bad, dopotutto). E la visione funziona meglio se preceduta da un recap delle mirabolanti disavventure del protagonista; una lunga, atroce lista di eventi aberranti.

El Camino spiega chiaramente che Jesse era troppo incauto e immaturo per la vita che si era scelto, e troppo in ritardo quando ha cercato di uscirne. Non vediamo mai il Jesse della maturità fino a questo film, dove l’ex spacciatore eroinomane fa finalmente i conti con se stesso; è l’ultimo passo di una parabola che Gilligan – il primo autore che ha permesso ai suoi personaggi di evolvere, quando la televisione precedente non lo aveva mai fatto – ha sentito l’obbligo di concedere anche a questo personaggio. Il risultato è un film un po’ western, un po’ coming of age tardivo, un po’ pellicola on the road, con un finale che vuole essere magnanimo verso il suo protagonista.

Non sta a noi giudicare se Jesse lo meriti, dopo omicidi, tradimenti e una lista infinita di peccati impossibili da ricordare in toto. Il co-protagonista di Breaking Bad che avrebbe dovuto essere eliminato dopo pochi episodi – ma che è diventato un personaggio fondamentale del piccolo schermo – fa di tutto per conquistarselo. Che riesca o meno a sfuggire alla polizia e a chiunque gli dia la caccia per riparare all’estero, il destino di Pinkman non sarà mai uno di conquista della libertà – rinchiuso com’è ancora in una prigione, quella dei sensi di colpa e dei traumi del passato – ma avrà, almeno, l’opportunità di fare ammenda. Questo è un privilegio che Walt White non ha potuto e non ha voluto avere, ormai irrecuperabile, perso e risucchiato da quella oscurità di cui si diceva all’inizio.

Una seconda possibilità, dopo tutto quello che ha vissuto Jesse Pinkman, non è poco: e il dono che Gilligan fa a questo personaggio miracolato e al suo bravissimo interprete è anche un regalo per il pubblico, che meritava un ultimo addio.

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