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mercoledì, Mar 04

Elisabeth Moss: “Da ancella ora combatto l’Uomo Invisibile e poi divento una scrittrice gotica”



Da Wired.it :

Prima, l’horror più atteso del 2020. Dopo, il ritratto di Shirley Jackson, nota per il racconto La lotteria. La protagonista di The Handmaid’s Tale racconta a Wired il suo presente e il suo futuro tra cinema e tv

(Foto: dal film Shirley)

Park City (Utah) – Sul connubio tra l’ancella di The Handmaid’s Tale (stagione 4 in arrivo) e la star Elisabeth Moss, seconda new entry nella classifica di Forbes delle interpreti più pagate con 24 milioni di dollari, l’attrice, 37 anni, ha una teoria: “L’adattamento del romanzo di Margaret Atwood ha un sapore catartico”, dice a Wired massaggiandosi il cranio come se al posto dei capelli stesse cercando fili elettrici. “In quel futuro in cui il tasso di fertilità è in calo per colpa di pestilenze e inquinamento, all’alba di una guerra civile che ha portato a un regime teocratico totalitario, ritrovo un po’ tutte le preoccupazioni politiche di oggi. I personaggi che interpreto, dalla Peggy Olson della serie Mad Men alla donna perseguita dall’Uomo Invisibile, sono lontani anni luce da me eppure attraversano una realtà che conosco bene. E da cui voglio evadere”.

I suoi gusti cinematografici la rendono un trabocchetto vivente (direste mai che il cuore di Elisabeth Moss batte per Harry, ti presento Sally…?), ogni virata all’anonimato viene puntualmente interrotta dagli stracult dov’è andata a infilarsi anni prima (alla tradizionale cena dei corrispondenti dalla Casa Bianca, la comica Michelle Wolf aveva paragonato la portavoce di Trump, Sarah Huckabee Sanders, alla Zia Lydia di The Handmaid’s Tale che insegna alle donne a diventare ancelle) e al Daily Beast che le chiede un chiarimento sull’aderenza a Scientology risponde: “Le cose in cui credo si basano su esperienze personali. Una di queste è il diritto alla libertà di pensiero e di parola. Noi umani dovremmo essere liberi di criticare ciò che ci circonda”. Inafferrabile, Moss. Proprio come l’Invisible Man targato Universal (dal 5 marzo) in cui Cecilia/Elisabeth deve vedersela con l’ombra di un amore tossico, nel rifacimento dell’horror del ’33 (Pre-Code Hollywood) diretto da James Whale e tratto dal fanta-romanzo di H. G. Wells del 1897. “Sono una nerd del cinema”, confessa. “Conosco tutti i kit e le lenti con cui i tecnici danno vita a una storia sul grande schermo. Non potevano mancare nel mio repertorio i trucchi magici della Motion control photography. Il direttore della fotografia e gli operatori hanno ottenuto un risultato incredibile e, forse per la prima volta, ho capito che il mestiere dell’attore, anzi, la carne dell’attore è un tutt’uno con un carrello o una camera lanciata a tutta birra da un piano all’altro dello spazio mentre si svolge l’azione”. Dalla punk rocker di Her Smell alla Wasp tutta rosé e smart speaker che, sotto le forbici assassine di Us, al posto di Call the police, attivava l’inno hip hop del gruppo N.W.A (Fuck tha Police).

La prima apparizione? “Avrò avuto sei anni. La miniserie si chiamava Lucky Chances e interpretavo la figlia di Sandra Bullock. O meglio, dovevo trovarla morta in piscina”. Recitazione, danza e quel Laurel Canyon adolescenziale (quartiere di Los Angeles) a proteggerla in mezzo alle stelle color albume di Hollywood: “Sono cresciuta nel cuore di un canyon tra esercizi ginnici, sbarra, scarpine da ballo, televisione e audizioni per pubblicità”, ricorda. “I miei genitori, entrambi musicisti di professione, mi hanno insegnato il ritmo e il respiro. La mamma girava sempre in casa con un’armonica in bocca e un completo da bluesman. Se c’è una che vive per il blues e il jazz, quella è lei. Da ragazzina sapevo tutto su Gershwin e quasi nulla di Kurt Cobain. Da non credere”. Fuori dal tempo (o dal coro) e felicemente incompresa, come il regista Wes Anderson, con cui ha appena girato The French Dispatch.

La passione per la letteratura arriva subito dopo quella per i bassorilievi e per l’anti-diva Bette Davis: al Sundance Film Festival ha presentato in anteprima Shirley (finalista per il premio della giuria, già acquistato da Neon, distributore americano di Parasite, e nei giorni precedenti al Festival di Berlino), un ritratto della scrittrice Shirley Jackson, la Signora americana del Gotico, nota per il racconto La lotteria, ambientato in un villaggio rurale nell’America profonda. “La versione della regista Josephine Decker in Shirley [premio speciale Auteur filmmaking al Sundance, ndr] è una libera re-interpretazione della grande scrittrice, morta a metà anni Novanta. Più che cinema, abbiamo fatto una seduta spiritica. E aggiunge: “Shirley non è Shirley. Sembra l’incarnazione dei suoi personaggi. Una creatura afflitta da agorafobia, depressione e blocco dello scrittore. Un genio temporaneamente, e intelligentemente in decomposizione. Per settimane ho indossato parrucche e brandelli di pelle protesici. Ho invecchiato anima e volto. Quella che vedrete sullo schermo si avvicina al libro da cui è tratto il soggetto, Shirley: A Novel di Susan Scarf Merrell, ma dopo essermi portata a casa Emmy e Golden Globe qui ho scelto un doppio ruolo, quello di produttrice e attrice, per ricordare a tutti, soprattutto a me stessa, che questo lavoro è un’arte in divenire e che non si smette mai di imparare”.

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[Fonte Wired.it]