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venerdì, Mar 03

Empire of Light è una storia toccante sugli incontri che cambiano la vita



Da Wired.it :

In Empire of Light siamo all’inizio degli anni Ottanta, al cinema danno All That Jazz e The Blues Brothers. Una donna di mezza età entra in una sala cinematografica, accende le luci, ha il volto terribilmente triste. Fuori nevica, dentro la sua anima probabilmente anche. Una chiacchiera con i colleghi a fine serata, poi il rientro a casa, in una solitudine nera. Stiamo guardando la vita della duty manager di un cinema, Hilary Small, a cui dà corpo, voce e (straripante) umanità Olivia Colman.

Ispirata alla madre del regista Sam Mendes, Hilary è una donna con problemi seri di depressione. Scopriamo sin da subito che assume il litio per i suoi disturbi mentali. La vediamo scomparire nella sua vasca da bagno, lasciarsi possedere frettolosamente dal suo capo in ufficio (interpretato da Colin Firth), la sua vita sembra un anonimo e poco entusiasmante susseguirsi di fatti. Finché nella sua vita non entra Stephen (Micheal Ward), il nuovo bigliettaio del cinema molto più giovane di lei, con cui scatta subito un’evidente simpatia. Insieme salvano un piccione e condividono una terrazza di confidenze, segreti e condivisioni tra outsiders. La vita della protagonista si rianima, a un bacio tra i fuochi d’artificio seguono scene romantiche di risate sui pattini, alle giostre, con lo zucchero filato in mano, tra un discorso incoraggiante e l’altro: “Nessuno ti darà la vita che vuoi, devi uscire e prendertela”.

Più che una storia d’amore, una relazione di reciproco sostegno, di ascolto, di cura. Lui la riapre alla vita, lei lo difende come può da insulti razzisti continui. Mendes li sintetizza in due scene visivamente d’impatto, nella prima un cliente si rifiuta di entrare in sala senza cibo e lo insulta divorandoglielo davanti in modo disgustoso, sbrodolandosi con le sue chips. Per fortuna esiste il cinema, dove smarrirsi in orizzonti visivi affascinanti e carichi di suggestione, prontamente proiettati da Toby Jones, a cui spetta un toccante monologo sulla magia del cinema, cioè della vita 24 fotogrammi al secondo.



[Fonte Wired.it]