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giovedì, Lug 04

Escape Plan 3 – L’Ultima Sfida, chiude la più triste saga di Stallone


Partita bene e proseguita malissimo, finisce con un film che odora di produzione amatoriale in cui Stallone è un comprimario ma ne esce lo stesso male. Dal 4 luglio al cinema

Alla fine si chiude così la parabola di Escape Plan, ottimo film che riuniva (e alla grande) Stallone e Schwarzenegger, che ha avuto due sequel pavidissimi. Il primo che raddoppiava tutto ciò che aveva il primo, alzando la barra senza troppo criterio, il terzo addirittura diventato un film senza nessuna personalità, action thriller generico dalle contrapposizioni basiche che riempie i silenzi con delle botte, collegato agli altri dalla trama ma non dallo stile o dall’approccio al genere.

Nonostante il primo film avesse impressionato per tenuta, inventiva e tensione, il suo grandissimo successo in Cina lo ha condannato. Sono entrati capitali cinesi, attori cinesi e già dal sequel tutto è stato virato per diventare appetibile per quel pubblico. Scarsi incassi in tutto il mondo (nemmeno uscito in sala in America ma direttamente in noleggio) e buona prestazione in Cina. Il terzo ora cerca una via di mezzo, mantiene metà del cast asiatico ma cerca di ritenere per sé le star. Se prima Dave Bautista e Stallone risultavano protagonisti ma occupavano un minutaggio scarsissimo, adesso il cartellino lo hanno timbrato regolarmente ma spesso l’impressione è che non siano lì con la testa.

In particolare Sylvester Stallone è un attore che partecipa sempre alla scrittura dei film in cui recita, i suoi personaggi si somigliano sempre perché li co-scrive. Per questo il suo tipico eroe ha caratteristiche precise, non è mai un vincente, non è mai davvero cool, non è ironico. Qui però sembra interpretare un personaggio pensato per qualcun altro, lo si capisce soprattutto dalla brutalità. Per quanto il film non abbia davvero, tempo e voglia di impegnarsi (c’è solo un pessimo sangue in cg), lo stesso si registra il ruolo più efferato mai interpretato da Stallone. Lui che della violenza fa un uso mai cattivo o sadico, qui quasi gode nel massacro finale. Eroe di un cinema violento nei fatti ma mai nelle immagini, edulcorato per usare l’azione e non per indugiare nell’eccitazione violenta, stavolta uccide per sete di giustizia.

Sono dettagli di un piccolo film che non inciderà in una carriera gigante ma che dicono molto su quanto questo progetto ormai non gli appartenga più. Stavolta lui con la sua società di security accetterà di associarsi al salvataggio della figlia di un magnate della tecnologia cinese e poi vedrà la sua stessa fidanzata catturata. Di galere da cui evadere (che era il tratto caratterizzante della serie di film) nemmeno l’ombra.

L’unica possibile maniera di godersi Escape Plan 3 – L’Ultima Sfida è di entrare in sala consapevoli che si tratta di una produzione scalcinata, una produzione pensata per il pubblico cinese, quindi infarcita di valori molto tradizionali e di una contrapposizione netta tra ruoli maschili e ruoli femminili. Consapevoli insomma di assistere ad un film in cui la presenza delle star che i cartelloni sbandierano è una ciliegina e non la sostanza. Come già scritto non solo non è un film di Stallone, ma anche per meno della metà della sua durata un film con Stallone. Ed è davvero un peccato vedere così sprecata la grande intesa che ha con Dave Bautista, simili nel tipo di personaggi interpretati, entrambi di poche parole ma solidissimi principi.

Lungo tutta la durata del film è impossibile non chiedersi ripetutamente come mai Sylvester Stallone, che era caduto in disgrazia a cavallo del 2000 ma che dopo Rocky Balboa ha inanellato un successo dopo l’altro, risollevandosi e arrivando alla nomination all’Oscar, si dedichi ancora a produzioni di questo tipo, si sporchi ancora le mani con progetti senza sbocco, al di sotto del livello qualitativo minimo accettabile.

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