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mercoledì, Ott 20

Esterno Notte: l’utopia di Marco Bellocchio diventa una serie tv



Da Wired.it :

Abbiamo visto in anteprima alcune scene della prima serie firmata dal maestro di Buongiorno Notte, che racconta una realtà parallela in cui Aldo Moro è stato liberato

Fabrizio Gifuni in una scena di Esterno Notte

Essere un grande cineasta offre il privilegio di poter, se non cambiare il corso degli eventi, quanto meno immaginare finali diversi per storie tristemente note. E’ quanto si appresta a rifare Marco Bellocchio, Palma d’oro d’onore allo scorso Festival di Cannes e tra gli ospiti più applauditi della Festa del Cinema di Roma, con la sua prima serie tv per Rai Uno, Esterno notte. Un titolo che rimanda a uno dei suoi film più riusciti, quel Buongiorno Notte in cui si vedeva Aldo Moro passeggiare libero, ma questa volta l’intenzione dichiarata è insieme osare di più e ribaltare il campo. Questa volta dalla claustrofobia dell’interno si passa all’esterno, provando a immaginare cosa sarebbe successo se fosse stato effettivamente liberato.

Nel primo episodio vediamo Fabrizio Gifuni nei panni di un Moro inedito: è disteso sul letto di ospedale, con la barba lunga, intento a pronunciare le stesse parole delle sue lettere dal carcere brigatista: «Provo gratitudine verso i terroristi che mi hanno liberato, rinuncerò ad ogni incarico politico all’interno della Democrazia Cristiana con cui sono incompatibile». Ad ascoltarlo, i politici suoi colleghi Francesco Cossiga, Benigno Zaccagnini e Giulio Andreotti, che prontamente – e verosimilmente – in ospedale intima il silenzio assoluto sulla vicenda: «Chi sa chi è stato liberato? Nessuno lo deve sapere».

Perché questa ossessione per Aldo Moro? Perché il suo assassinio ha segnato una svolta nella storia italiana, spiega Bellocchio. «Oggi meno del 50% degli elettori è andato alle urne, allora si arrivava oltre il 90%: c’era una vera passione politica per quell’Italia dei partiti, macchine formidabili. Con quella tragedia, con la morte di Moro, è come se tutto il mondo avesse subito un cambiamento. C’era l’aspirazione di noi giovani che la sua liberazione avvenisse, ci siamo stupiti che non sia accaduta».

Il fermento politico permea tutto il primo episodio e con tutta probabilità l’intera serie, attualmente in lavorazione, con tre scene ricostruite a Cinecittà per «i soliti problemi con il vicariato romano», usando anche lo stesso San Pietro già costruito per l’Habemus Papam di Nanni Moretti. A interpretare Papa Paolo VI, stanco e affaticato nelle sue scarpe rosse, un Toni Servillo impeccabile nella scena del confronto con Moro/Gifuni in Vaticano sul compromesso storico e la preoccupazione della Chiesa su temi come aborto e divorzio. C’è poi una scena in cui Moro osserva gli scontri violenti del 12 marzo 1978, ossia quattro giorni prima del suo rapimento, dal balcone di Piazza del Gesù. C’è chi assalta brutalmente un’armeria svaligiandola, la polizia interviene in maniera massiccia e la macchina da presa, rigorosamente a mano (alla Stephane Brizè di En Guerre), riprende il tutto da vicinissimo come per catapultare dentro lo spettatore.

Dalla visione di tre scene del primo episodio, che sembrano davvero una costola di Buongiorno Notte, l’impressione è di una serie epica, di grande respiro, in cui il focus è tanto sulla Storia che sulle storie dei personaggi. Conferma Bellocchio, confermandosi a 81 anni l’unico regista italiano in grado di osare, tuffarsi a capofitto negli accaduti più spinosi della storia e provare a stravolgerne gli andamenti alla Tarantino: «La serie ha un andamento classico, parte dalla strage e poi rimane sui personaggi che vivono esternamente la prigionia di Moro: Cossiga, Zaccagnini, Andreotti, Eleonora Moro, i terroristi».





[Fonte Wired.it]