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giovedì, Apr 15

Eternity, la girl band del pop coreano che chiude il cerchio della grande illusione digitale



Da Wired.it :

In un mondo filtrato dallo schermo di un computer o di uno smartphone, con le identità virtuali – che da tempo spopolano in Asia – ci si cala in una dimensione fittizia dove l’ultimo filo con la realtà è tagliato

Di recente è stata annunciata la nascita di un gruppo musicale totalmente virtuale, le Eternity. Undici ragazze destinate a diventare una delle prossime kpop band di punta del già affollatissimo panorama coreano che ha conquistato anche gli Usa e il resto del mondo. A distinguerle, come accennato, dagli altri idol del kpop, la caratteristica di essere virtuali, giovani donne che nella realtà non esistono ma il cui scopo è farsi amare (e vendere, la loro musica quanto i prodotti che pubblicizzano grazie agli accordi commerciali) dal proprio pubblico come “persone vere”.

Il fenomeno può essere affrontato sotto più punti di vista: quello che constata l’avanzamento della tecnologia giunta a livelli che rendono quasi impossibile distinguere a livello estetico una persona virtuale da una reale, e quello che solleva la questione di quali conseguenze possa avere affezionarsi a un personaggio inesistente. Per farlo, bisogna considerare che fino a poco tempo fa la questione non si poneva per il semplice motivo che non esistevano software abbastanza avanzati; oggi, guardando Minji, Sujin e gli altri membri di Eternity è quasi impossibile dire che non siano reali: lo sembrano quel tanto da ingannare la mente, a educarla a “ignorare” la consapevolezza che queste ragazze non esistano e amarle come fossero vere. Con conseguenze che non ci sono ancora chiare, ma che film come Lei hanno anticipato. Per capire cosa implica tutto questo, il solo modo è ricostruire come ci siamo arrivati.

Per molti la prima figura virtuale conosciuta è Max Headroom, il Dj di una serie cyberpunk degli anni ’80. Eccentrico e pop, era uno dei primi personaggi virtuali a conquistare il mondo del cinema e della televisione. Moda che non è durata molto a Hollywood, e dopo MatrixJohnny Mnemonic e Il tagliaerbe è scemata, così  come l’interesse per la realtà virtuale. La storia, in Asia, è diversa. Il Giappone non è solo la patria dei videogiochi – fino a due anni fa tre console di gioco su quattro vendute nel mondo erano prodotte da Nintendo o da Sony – ma anche delle celebrità virtuali che hanno superato i limiti del proprio mondo digitale per conquistare la realtà. Quasi quindici anni fa Miku Hatsune, la voce del sintetizzatore Vocaloid, adottava le fattezze di una teenager diventando un fenomeno mediatico: da eroina dei videogiochi della Sega a protagonista di manga a lei dedicati, da cantante di popolari videoclip fino a performer olografica di concerti virtuali.

Pochi anni dopo, nel 2016, ha fatto la sua comparsa Kizuna Ai, la prima Virtual Youtuber (Vtuber), un’altra fanciulla kawaii (carina) interamente virtuale modellata sulle eroine dei cartoni animati giapponesi che col tempo ha raccolto più di quattro milioni di follower e dato vita a una serie di emuli. Kizuna è il risultato della creazione di un modello 3D controllato manualmente da uno staff e dotato della voce di una doppiatrice umana, mentre le sue espressioni facciali sono elaborate (si dice, non esiste conferma ufficiale) da un sistema di riconoscimento facciale che proietta tali espressioni sul modello virtuale. Gli streamer virtuali non hanno ancora successo quanto quelli reali, ma sono diventate vere e proprie attrazioni del loro medium di riferimento. Secondo Takeshi Osaka, il fondatore di Ativ8, l’azienda che ha creato Kizuna ricorrendo alla tecniche di motion capture cinematografiche, il motivo del suo successo è che “a differenza dei personaggi degli anime, puoi credere che i Vtubers siano persone reali”. Questo grazie a personalità più sfaccettate e soprattutto alla loro capacità di interagire con gli utenti.

Il fattore più rilevante è che i follower sono disposti a considerare Miku Hatsune e Kizuna Ai alla stregua di persone vere, non importa che queste abbiano l’aspetto di un cartone animato. Dietro di lei e alle sue compagne ci sono giovani attori per lo più under 25 selezionati per la loro personalità, lo spiccato brio e l’originalità, che però nella realtà sono troppo timidi o introversi per interagire con gli altri. Daichi Tsukamoto, boss della startup Duo Inc., spiega che, in pratica, alcuni hikkikomori (giovani solitari) possono finalmente diventare creature sociali superando i propri limiti grazie a questi avatar. In questo senso i personaggi virtuali non sono solo macchine per soldi ma àncore di salvezza sociale per i loro interpreti, di cui le aziende come la Duo diventa una sorta di talent agency. Come però i loro fan arrivino a considerare Miku Hatsune e Kizuna Ai persone vere è un mistero che la società, o chi scrive, non sa ancora spiegare. Le cose tuttavia sono cambiate alla velocità con cui migliorano le tecnologie e gli esseri umani si abituano alla presenza di esseri virtuali integrandoli nella propria realtà, cosa a cui sta contribuendo sensibilmente il mondo degli idol.

Il gruppo di idol cinesi Snh48 ha introdotto in un video i propri cloni digitali costruiti per mezzo dell’intelligenza artificiale; fanno parte della nuova generazione di gruppi musicali virtuali pronti a interagire coi propri fan ai concerti. Le Aespa, girl band coreana sotto contratto con la Sm Entertainment, vantano un proprio avatar virtuale come le colleghe cinesi, secondo un innovativo progetto nominato Sm Culture Universe: in pratica, i membri reali della band interagiscono con i propri alter ego virtuali. Gli avatar virtuali di Winter, Giselle, Karina e Ningning  sono contraddistinti da ‘æ’ nel nome (quindi æ Winter, æ Giselle e così via). Mentre ai membri in carne e ossa vengono affidate le promozioni live, ovvero nel mondo reale, i loro avatar sono entità separate con una propria personalità regolata da una Ai che vivono e agiscono nel mondo virtuale e possono incontrarsi con gli originali solo in un mondo di mezzo, quello digitale.

E così, arriviamo alle Eternity. Il Ny Times ha pubblicato un articolo sul sito Generated.Photos che ti permette per pochi dollari di “comprare una persona finta” per gli scopi più diversi. ThisPersonDoesNotExist.com si offre di creare un volto che rispetti l’etnia e l’età che vuoi senza che nessuna di queste creazioni sembri falsa: sono vere e proprie simulazioni di volti che non esistono utilizzati, nei casi peggiori, da malintenzionati che vogliono operare in Internet senza scoprirsi. Tutto questo è possibile grazie a un tipo di intelligenza artificiale recente denominata “generative adversarial network” che elabora migliaia di di volti reali per crearne altri, unici e fittizi.

Analogamente, le idol virtuali Eternity nascono grazie alla compagnia coreana Pulse9 e alla Deep Real Ai, la tecnologia di deep-fake virtual imaging da questi messa a punto che mira a creare figure virtuali con personalità distinte. I gruppi di idol si basano già su questo principio: le band del kpop sono studiate a tavolino per mettere insieme tipi in grado di formare un gruppo eterogeneo. In questo modo un fan si affezionerà o identificherà con il timido, l’estroverso, il rockettaro, il ballerino e così via, proprio come nello scorso Millennio avevano fatto le Spice Girls.

Le Eternity sono studiate, analogamente, per conquistare differenti fasce di pubblico, sviluppare carriere in gruppo e in singolo, pubblicizzare brand e diventare – come i Bts o gli Exo o la instagrammer virtuale Lil Miquela – influencer. Il punto in comune tra tutte le celebrità virtuali menzionate è quello di fruttare soldi assicurando sponsorizzazioni con i brand, tuttavia le conseguenze sociali che oggi sono trascurabili si avviano a diventare più problematiche. Questo avverrà quando la tecnologia sarà perfetta, rendendo impossibile determinare se chi si vede sullo schermo sia reale o virtuale. A quel punto in quanti cominceranno a considerare le eredi delle Eternity persone vere? Se in questi tempi di clausura da Covid ci si ritrova a conversare con Alexa come un’amica, quanto ci manca a prenderci una cotta per il nostro assistente virtuale?

Emblematicamente, Kizuna, dichiara di essere una personalità virtuale ma afferma – anche se sappiamo benissimo che non è vero – di essere una Ai intelligente indipendente, cosa che molti suoi seguaci si sono persuasi sia vera. Presumiamo sia ancora lontano l’avvento delle Ai senzienti, ma dopo essere stati addomesticati per anni da personaggi virtuali che sembrano veri, farà differenza?

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[Fonte Wired.it]