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lunedì, Dic 09

Europa, perché le regioni italiane sono tra le meno competitive


Un rapporto della Commissione europea evidenzia che anche le regioni più ricche e sviluppate d’Italia non tengono il passo con quelle di altri paesi della Ue

Il palazzo del Berlaymont a Bruxelles, sede della Commissione europea (foto: Luca Zorloni per Wired)
Il palazzo del Berlaymont a Bruxelles, sede della Commissione europea (foto: Luca Zorloni per Wired)

La competitività non è di casa in Italia. Lo dicono i dati dell’European Regional Competitiveness Index 2019, presentato all’inizio di ottobre a Bruxelles durante la Settimana europea delle regioni, l’appuntamento annuale dedicato alle politiche di coesione dell’Unione europea.

Il rapporto, redatto ogni tre anni a partire dal 2010 dalla Direzione generale per le Politiche regionali della Commissione europea (Dg Regio), ha lo scopo di fornire alle autorità locali e nazionali uno strumento per tenere monitorato, valutare e indirizzare lo sviluppo delle regioni, confrontandole con le altre che fanno parte dell’Unione.

I parametri considerati, 74 in tutto, misurano infatti quanto le singole regioni riescono a offrire un ambiente attrattivo e sostenibile per i cittadini e le imprese: si tratta di indicatori che vanno dalla qualità del sistema educativo – di base e superiore – a quella della sanità e delle istituzioni, passando per le infrastrutture (comprese quelle digitali), la capacità di innovazione, il mercato del lavoro e il tasso di capitale umano.

Sotto la media europea

Ebbene, questa massa di dati traccia un ritratto dell’Italia poco rassicurante, con “nessuna delle regioni in area positiva”, ovvero superiore alla media europea,  come ha detto presentando il documento il capo della Dg Regio, Marc Lemaitre.

In un indice che va da 0 a un massimo di 100, la competitività italiana è in media di 42,1 punti, contro i 60,3 della media di tutte le regioni Ue. Il punteggio più basso è quello della Calabria (al 244mo posto sulle 268 regioni considerate con 18,4 punti, 42 in meno della media Ue), e poco più su si trova la Sicilia (19,1). La regione italiana più competitiva è invece la Lombardia con 57,01 punti (145ma nella classifica generale, 7 punti sotto la media europea), seguita dalla provincia di Trento (54,6), dal Piemonte (50,7) e dal Veneto (50,1).

Il quadro complessivo, dunque, non è lontano da quello del 2016 – quando la Lombardia era 143esima con 53,5 punti, mentre la regione italiana più indietro in classifica non era la Calabria ma la Sicilia – ed è quello di una generale perdita di competitività che, ha detto ancora Lemaitre, “negli ultimi dieci anni ha riguardato tutto il Paese, da Nord a Sud”.

Le difficoltà italiane

La situazione più critica è quella del Mezzogiorno, dove tutte le regioni stanno al di sotto anche della media italiana, e dove lo Stato – come ha ricordato Lemaitre – è latitante per quanto riguarda gli investimenti: i soldi stanziati sono infatti inferiori del 20 per cento rispetto agli impegni presi con l’Unione europea nel quadro dei progetti di coesione co-finanziati da Bruxelles, e spesso i fondi europei sono utilizzati in sostituzione e non in aggiunta a quelli nazionali.

Questioni che il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano si è impegnato a affrontare con il varo di un piano per il Sud che dovrebbe cominciare a prendere forma già nella prossima legge di Bilancio e che – ha detto Provenzano al Sole 24 Ore – “sarà soprattutto un processo di accelerazione della spesa”.

Alle difficoltà del Meridione fanno da contraltare quelle del Nord, dove, secondo i dati dell’Indice di competitività, in questi anni anche le regioni più avanzate hanno perso terreno rispetto ad altre aree dell’Unione. Basta citare il caso della Lombardia, considerata uno dei motori d’Europa assieme alla Baviera e all’Ile-de-France: seppure rimanga all’avanguardia in settori come la sanità, le dimensioni del mercato o la ‘business sophistication’ (cioè la percentuale di piccole e medie imprese che hanno introdotto innovazioni organizzative e/o di marketing), la regione più ricca è indietro rispetto alla media Ue nei campi dell’educazione, della formazione permanente o della reattività tecnologica.

Le città corrono di più

Ampliando lo sguardo all’intero continente, i dati del rapporto – disponibili sul sito della Commissione, dove un tool interattivo consente anche di confrontare tra loro le diverse regioni – mostrano come le aree più competitive siano quelle del Nord Europa, della Gran Bretagna e di Germania e Austria. La Francia appare divisa, con circa metà delle regioni sopra la media europea e l’altra metà al di sotto, mentre quasi tutte le regioni meno competitive dell’Unione – se si escludono i territori extraeuropei di Melilla (Spagna), Guyana e Mayotte (Francia) – sono nei paesi del Sud e dell’Est Europa.

A fare eccezione sono ovunque le città, che hanno un tasso di competitività più elevato sia nelle regioni più avanzate – come in Svezia, dove i 100 punti di Stoccolma superano di quasi venti la media nazionale di 81,3 – che in quelle sotto la media europea: la regione di Madrid ha infatti un punteggio di 70,8 (contro il 43,6 della media spagnola), quella di Varsavia di 68,3 (rispetto al 42,8 della Polonia), e quella di Bucarest di 55,9: solo cinque punti in meno della media Ue, in un paese dove le regioni del Sud-Est e del Nord-Est hanno valori di soli 5,3 e 9 punti.

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