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giovedì, Gen 26

Europa-USA: il braccio di ferro per il mercato delle batterie e delle rinnovabili

da Hardware Upgrade :

Cina, USA ed Unione Europea si stanno contendendo, se non il monopolio assoluto, una posizione predominante nel sempre più cruciale ed importante mercato delle batterie per auto elettriche e delle fonti rinnovabili, con particolare attenzione all’eolico.

Da una parte, la Cina, forte di essere stata la prima ad attrezzarsi su tutta la filiera, dalla gestione delle miniere per l’estrazione di terre rare, litio e cobalto, fino all’assemblaggio del prodotto finito, detiene un ruolo predominante in quasi ogni aspetto. 

Dall’altra, la recente scoperta del giacimento di Kiruna, in Svezia (a cui abbiamo dedicato questo articolo) il know – how raggiunto in questi ultimi anni e gli importanti investimenti per la produzione e il riciclo delle batterie, offrono all’Europa l’opportunità di smarcarsi da Pechino.

Secondo quanto emerso dall’analisi T&E (Transport and Environment), l’Europa potrà essere autosufficiente nella produzione di celle per batterie agli ioni di litio, già dal 2027, arrivando a produrre 2/3 del catodo anche prima, grazie ai progetti in corso in Germania, Polonia e Svezia.

In questo ambito il nostro continente è attualmente in testa agli Stati Uniti, in termini di pipeline di progetti.

Il rapporto ha anche preso in esame gli investimenti nel settore della raffinazione e lavorazione dei metalli delle batterie, dove, come evidenziato poco sopra, la Cina detiene una posizione dominante.

L’analisi T&E del potenziale di raffinazione del litio mostra che oltre il 50% della domanda di raffinazione di questo metallo, a livello europeo, potrebbe provenire da progetti comunitari entro il 2030. Nono solo, una percentuale sempre maggiore di litio arriverà dal riciclaggio delle batterie esauste, riducendo sempre di più la necessità di estrarlo dalle miniere.

Il potenziale di riciclo europeo è enorme: i materiali disponibili, provenienti da batterie a fine vita e/o rottami, potrebbero soddisfare almeno l’8-12% del fabbisogno di metalli critici nel 2030: 10% di cobalto, 7 % di nichel e 6% di litio.

L’approvazione, il 16 Agosto del 2022, del decreto Inflation Reduction Act (IRA) negli Stati Uniti ha creato un terzo polo, a metà fra Cina ed UE, attirando investimenti da capogiro dalle più importanti aziende del settore (Hyundai, Panasonic, CATL, StoreDot, solo per citarne alcune).

Gli USA si stanno smarcando dal ruolo di soli clienti finali, diventando a loro volta produttori di batterie e altri componenti cruciali per le auto elettriche.

T&E ha cercato di tracciare il profilo di questo nuovo assetto economico, individuando i punti di forza dell’Europa e i suoi assi nella manica per raggiungere il target net zero entro il 2050, come stabilito dal Green Deal.

Per realizzare l’ambizioso progetto, sarà necessario un massiccio aumento delle tecnologie -dalle turbine eoliche alle batterie delle auto elettriche – ma la domanda cruciale è quanta di questa tecnologia verrà gestita dall’industria europea.

Quale dovrebbe essere, quindi, la risposta dell’Europa alle disposizioni dell’IRA statunitense sulle catene di fornitura di veicoli elettrici?

A preoccupare maggiormente gli analisti non sono i crediti d’imposta sulle auto elettriche stabiliti dall’IRA, dal momento che l’UE non esporta grandi volumi di auto elettriche, ma quelli destinati alla produzione a lungo termine.

Sul piatto ci sono centinaia di miliardi di dollari, concessi alle batterie e alla catena di approvvigionamento dei metalli critici fino al 2032.

Per cercare di attirare l’attenzione dei massimi produttori globali, l’Europa dovrebbe emanare decreti di finanziamento altrettanto accattivanti.

La CE al momento investe cifre considerevoli per sostenere le vendite di veicoli elettrici e le catene di approvvigionamento, compresa la produzione di veicoli, la produzione di batterie e l’elaborazione a monte. Nel Vecchio Continente, negli ultimi anni, sono stati destinati oltre 20 miliardi di euro alla catena del valore delle batterie tramite il quadro IPCEI, la BEI e il finanziamento della ricerca.

In aggiunta, decine di miliardi sono disponibili tramite InvestEU e le misure economiche messe a disposizione dell’UE per la ripresa e la resilienza all’indomani della pandemia di Covid, erogati a livello nazionale.

Per avere una stima delle cifre in gioco, solo nel 2022 sono stati spesi quasi 6 miliardi di euro per sovvenzionare le vendite di auto elettriche negli Stati membri.

Il rapporto di T&E vuole evidenziare come non sia la liquidità disponibile il nodo da sciogliere, ma la complessità nell’averla.

I processi di approvazione sono spesso lenti (con scadenze sconosciute), burocratici e non bancabili allo stesso modo dei crediti di produzione statunitensi stabiliti dall’IRA, molto più snelli, veloci e affidabili.

In Europa, ad esempio, le aziende, per ottenere un finanziamento, devono dimostrare l’impossibilità di realizzare i loro progetti senza il contributo europeo.

Inoltre, molti programmi di finanziamento sono annuali e non permettono alle aziende di potervi fare affidamento nel lungo termine.

Ciò che serve, sostiene il rapporto, è snellire le regole sugli aiuti di Stato concentrandosi sulla produzione per i veicoli elettrici, le energie rinnovabili e le imprese delle materie prime, settori che stanno subendo il contraccolpo provocato dall’IRA statunitense.

Braccio di ferro USA - UE

L’Europa dovrebbe introdurre un’agenda di semplificazione verde in modo che la costruzione di un impianto di batterie non richieda lo stesso tempo di una centrale a carbone, garantendo al contempo condizioni di parità a livello europeo, evitando di favorire Paesi ricchi a scapito di Stati membri svantaggiati.

Questo perché è l’Europa nel suo insieme a dover soddisfare le proprie ambizioni industriali e climatiche, non uno o due Stati membri.

A confermare quanto affermato da T&E è anche Vestas, il produttore danese di pale eoliche, che sul proprio sito ufficiale ha voluto lanciare una provocazione e una critica alla macchina burocratica (in special modo quella europea), “Let the Bureaucrats Save the World at COP27” (liberamente traducibile in “Lasciamo che siano i burocrati a salvare il Mondo alla COP27″).

Braccio di ferro USA - UE

L’azienda, che ha installato pochi mesi fa la turbina eolica più grande del mondo, denuncia come centinaia di gigawatt di capacità rinnovabile siano oggetto di complesse e lunghe procedure di autorizzazione

Scrive Vestas:

“Queste procedure soffrono di una mancanza di concentrazione e di risorse essenziali. Alle autorità che li guidano mancano la volontà politica e il mandato per prendere decisioni che potrebbero abbreviare il processo. Ci vuole fino a un decennio di documentazione per ottenere le approvazioni per costruire progetti di energia rinnovabile. Nella sola UE, c’è quattro volte più energia eolica intrappolata nelle autorizzazioni rispetto a quella in costruzione.

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