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Ex Ilva, perché il governo la lascia a corto di idrogeno

da | Lug 5, 2025 | Tecnologia


Il presente di Acciaierie d’Italia non è certamente roseo e il suo futuro potrebbe non essere verde. La società che gestisce l’ex Ilva di Taranto, la più importante acciaieria in Europa, deve risanare le proprie finanze – in condizioni critiche e aggravate dall’incendio all’altoforno 1, lo scorso maggio – e contemporaneamente mettersi nelle condizioni di produrre acciaio a basse emissioni, allineandosi alla strategia della Commissione europea per il settore siderurgico.

Il piano industriale di Acciaierie d’Italia, infatti, prevede per il 2026 una produzione di sei milioni di tonnellate attraverso gli altiforni a carbone; dalla seconda metà del 2027, però, due di questi andranno rimpiazzati con altrettanti forni elettrici ad arco, alimentati a gas naturale e quindi meno impattanti. Ma in prospettiva, per garantire una produzione di acciaio davvero “pulita”, il gas andrebbe sostituito con l’idrogeno verde, un combustibile a emissioni zero ottenuto con l’elettricità da fonti rinnovabili o dal nucleare: è promettente, ma ancora molto costoso e pressoché inutilizzato.

Di idrogeno nell’ex Ilva, comunque, non si parla più. Il 12 giugno il governo ha approvato un decreto-legge che introduce “misure urgenti relative a crisi industriali”. Tra queste c’è lo stanziamento di 200 milioni di euro ad Acciaierie d’Italia per garantirne la continuità produttiva e mettere in sicurezza gli impianti. Ma viene anche disposta una semplificazione delle “norme in materia di impianti per la produzione del preridotto (o Dri), un modo alternativo ed innovativo di produrre ferro, sviluppato per superare la produzione basata sugli altiforni convenzionali”.

Come si produce l’acciaio

Semplificando, ci sono due modi di produrre l’acciaio, che è una lega di ferro e carbonio. Il più comune è il cosiddetto ciclo integrale in altoforno, dove il minerale ferroso viene unito al carbone coke e riscaldato ad alte temperature: si ottiene anidride carbonica (data dalla reazione tra l’ossigeno nel minerale e il carbonio nel coke) e ferro fuso; quest’ultimo, poi, passa per una fase di “purificazione” che prevede l’aggiunta di idrogeno fino, appunto, all’ottenimento dell’acciaio.

Il secondo metodo è la riduzione diretta, che utilizza il gas naturale al posto del coke. Funziona così: il gas viene separato in idrogeno e monossido di carbonio, i quali reagiscono con l’ossigeno presente nel minerale ferroso rilasciando anidride carbonica e acqua. Dopodiché, il materiale ricavato dalla reazione – chiamato preridotto – viene fuso in un forno elettrico ad arco per rimuoverne le impurità e “trasformarlo” nella lega desiderata.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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