Furono le frecce tricolore con il loro volo sull’area di Expo Milano 2015 a inaugurare, il primo maggio, l’esposizione universale che avrebbe accolto 21,5 milioni di visitatori, provenienti da 140 paesi, nell’arco di sei mesi. L’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi, intervenuto alla cerimonia, cominciò così il suo discorso: “L’Italia s’è desta e siam pronti alla vita” e a rendere omaggio all’avvio della manifestazione, che aveva già cambiato il volto del capoluogo lombardo, c’erano, tra gli altri, l’allora sindaco, Giuliano Pisapia, e il governatore lombardo dell’epoca, Roberto Maroni, oltre a quello che di lì a poco sarebbe diventato il primo cittadino per due mandati, Giuseppe Sala, a quel tempo commissario unico delegato del Governo per l’esposizione.
Se oggi l’Albero della Vita, il simbolo di Expo, un colosso alto 37 metri fatto di legno e acciaio, è spento (con la promessa di essere rigenerato con l’apertura del Campus dell’università Statale nel 2027), l’area che ospitò il “carrozzone” oggi è per buona parte un cantiere, con una selva di gru visibili già da lontano. Non è però “disabitato”: ospita giornalmente circa 10 mila persone che frequentano la parte già attiva di quello che è (e soprattutto sarà) Mind (Milano innovation district), ovvero il distretto dell’innovazione, una vera e propria città nella città, che sorgerà su quel milione di metri quadrati che fu il palcoscenico di tutto. Ma cosa è rimasto dell’Esposizione Universale? E cosa sta cambiando, a che punto siamo con la messa a terra del masterplan post Expo?
I numeri di quello che fu Expo Milano 2015
Facciamo prima un piccolo passo indietro, parlando di quello che fu Expo2015 nel giorno del suo decennale. Il tema scelto per la manifestazione (“Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”) voleva essere un fil rouge per ragionare globalmente (o trovare soluzioni – almeno negli intenti) sulla crisi alimentare. I dati forniti dalla Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e alimentazione, stimavano nel 2050 una popolazione terrestre di 9 miliardi di persone, tutte da sfamare. Una sfida non solo economica, ma anche climatica, con tanti padiglioni che puntarono sulla sostenibilità e sulla presentazione di un’agricoltura che sfruttasse, per esempio, meno risorse idriche possibile per produrre cibo. I numeri diffusi in un report di Confcommercio al termine dell’esposizione parlavano di 54 padiglioni costruiti da altrettanti paesi, cui si aggiungevano 9 cluster tematici che avevano radunato altri 70 paesi intorno ad alimenti come riso, cacao, caffè, frutta, spezie, grano.
Il record di presenze si raggiunse il 10 ottobre, con il picco assoluto di visitatori in un solo giorno: in quell’occasione si arrivò a 272.785 presenze. La settimana con la maggiore affluenza fu quella dal 5 all’11 ottobre, con oltre un milione e 240 mila visitatori. Numeri impressionanti, che determinarono lunghe code ai cancelli di ingresso e ai padiglioni, con poche opportunità di visitarli. Una macchina lanciata a tutta velocità per provare a raggiungere il pareggio di bilancio, ma che negli ultimi giorni ha rischiato di schiantarsi per l’eccessiva pressione. Un meccanismo che, per stare in piedi, ha avuto bisogno di una forza lavoro non indifferente: 20 mila i dipendenti assunti per sei mesi, 8 mila i volontari (regole di ingaggio: massimo due settimane ciascuno, a titolo gratuito), oltre a 2.300 addetti per la sicurezza.