L’operazione è molto più semplice di quanto chiunque avrebbe potuto pensare. Dopo che nel 1986 Top Gun fu un grandissimo successo, gli stessi produttori, con lo stesso team creativo, replicarono la formula in Giorni di tuono nel 1990. Quello era “Top Gun ma con le macchine”. Ora quegli stessi produttori, dopo il grandissimo successo di Top Gun: Maverick, hanno preso quasi lo stesso team e fatto F1 – Il film, usando esattamente tutti gli stessi ingredienti. Come Top Gun: Maverick, anche questo è un film su un vecchio pilota (che è una vecchia star), sfrontato e ribelle, a cui viene chiesto di fare da mentore a un giovane. È tutto girato il più possibile dal vero, sui veri mezzi e con il sostegno della società che quelle cose le fa sul serio. Ha un attore che guida davvero, videocamere sulla scocca, inquadrature mai viste e una trama in cui il mondo analogico si dimostra capace di cose più straordinarie di quello digitale. Nonostante a produrre stavolta ci sia Apple.
O almeno questo era il progetto, perché F1 – Il film non riesce mai a replicare il vero punto di forza di Top Gun: Maverick, cioè una scrittura che riesca nel miracolo di rifarsi ai classici, ma tradirli per fare un film sfrontatamente moderno, in cui l’eroe degli anni ’80 è un relitto e il suo essere cool deve guadagnarselo lungo il film. F1 invece è la storia di un sessantenne di eccezionale coolness, un cowboy delle auto che gioca secondo le proprie regole e vince quasi sempre, che è bello, prestante, sessualmente potente, intelligente, scaltro e coraggioso. Un vincente con il solo problema del trauma di un vecchio incidente e un carattere che gli fa preferire la libertà all’impegno. Sarebbe il migliore ma sceglie di non esserlo ed è “dannatamente in gamba”. Una cosa del genere, oggi, è impensabile. Non solo perché il mondo è cambiato, ma soprattutto perché il cinema è cambiato, e ogni tempo ha le sue storie, i suoi personaggi e i suoi eroi.