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lunedì, Ott 04

“Facciamo presto!” L’editoriale dell’ultimo volume di Wired



Da Wired.it :

Servono visione politica, innovazione tecnologica e ricerca scientifica per salvare il pianeta dall’inquinamento

L’Ipcc, acronimo inglese che sta per Gruppo intergovernativo
sul cambiamento climatico, è un’organizzazione delle Nazioni
Unite composta da scienziati che hanno il compito di studiare lo stato di salute della Terra. Periodicamente redige un rapporto sull’andamento del clima e l’ultimo l’ha pubblicato il 9 agosto scorso. Impietoso. Secondo le stime dei ricercatori, infatti, nei prossimi 20 anni c’è il rischio di superare il livello di riscaldamento globale di 1,5 °C “a meno che non ci siano riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas serra“.

Il dato è preoccupante, specie se si considera (e si aggiunge) che, dal 1850 a oggi, le attività umane sono state le responsabili dell’innalzamento della temperatura di circa 1,1°C. E che ci sono anche zone del mondo, per esempio l’Artide, dove la crescita prevista è più del doppio. Una temperatura più alta non significa solamente avere più caldo. Corriamo, infatti, il pericolo di vivere in un pianeta più insicuro e meno salubre. In alcune regioni le precipitazioni saranno più intense (con relative inondazioni); in altre, invece, aumenteranno i periodi di siccità; le aree costiere vedranno un continuo innalzamento del livello dei mari (eventi estremi, che in precedenza si verificavano una volta ogni 100 anni e che entro la fine di questo secolo potrebbero accadere ogni 365 giorni).

Ancora: ci sarà lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali; il riscaldamento degli oceani, l’acidificazione delle acque e la riduzione dei livelli di ossigeno altereranno gli ecosistemi marini, compromettendo l’ambiente e l’economia che su esso si basa.
Il riscaldamento globale, poi, comporta anche un rischio diretto per la salute, influendo su aria pulita, acqua potabile, disponibilità di cibo, oltreché su abitazioni sicure. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, “tra il 2030 e il 2050, i cambiamenti climatici causeranno circa 250.000 morti in più all’anno per malnutrizione, malaria, diarrea e stress da caldo“. Sempre l’Oms stima che i costi diretti sulla salute saranno tra i due e i quattro miliardi di dollari l’anno entro il 2030. È dunque il momento di agire, e di mettere in campo politiche, competenze (leggi anche scienza e tecnologia), comportamenti individuali che possano invertire la rotta.

Guardando i dati del 2020, il primo anno della pandemia, la sfida è ambiziosa. Durante questo periodo le emissioni di gas serra sono diminuite considerevolmente, tra il 6 e il 9% circa, a seconda delle stime. Visto che andrebbero ridotte del 7,6% l’anno per arrivare allo zero netto nel 2050 – come previsto dai recenti accordi internazionali – e dal momento che nessuno si augura di vivere in un mondo così “limitato” come quello degli ultimi mesi, dobbiamo accelerare.

Per farlo, il primo appuntamento è dal 1° al 12 novembre 2021, a Glasgow, con la Cop26, la periodica conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di cui l’Italia è co-organizzatore. Una delle novità di questa edizione è la presenza degli Stati Uniti di Joe Biden, dopo che, sotto la presidenza di Donald Trump, avevano deciso di non rispettare gli accordi presi in precedenza. I governanti della Terra devono, dunque, trovare un accordo ambizioso per limitare il cambiamento climatico, mitigarne gli effetti, prevedere strategie di adattamento. Il tutto tenendo insieme lo sviluppo economico e sociale dei vari paesi, che non è ovunque allo stesso punto. È possibile, ma niente affatto scontato. Lo scorso luglio si è svolto a Napoli il fallimentare G20 su ambiente, clima ed energia: Cina e India hanno rifiutato di sottoscrivere l’impegno collettivo a mantenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5 °C ed eliminare il carbone come fonte energetica entro il 2025, perché per i due stati asiatici sarebbe un freno alla loro crescita economica.

La speranza è che a Glasgow l’esito sia diverso. Le tecnologie per immaginarsi un mondo più pulito (da quelle che consentono di abbandonare le fonti energetiche fossili all’intelligenza artificiale per monitorare i consumi) ci sono, e in questo volume di Wired ne raccontiamo un po’. Adesso è il momento della volontà politica. Dobbiamo fare presto. Non abbiamo più molto tempo se vogliamo consegnare alle prossime generazioni un mondo migliore. O, più semplicemente, vivibile.

Wired n.98 è in edicola dal 1 ottobre





[Fonte Wired.it]