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martedì, Gen 11

Faccina che sorride, 50 anni fa diventava un marchio milionario



Da Wired.it :

Fino al 1997 a essere registrato è solo il logo. Quell’anno, appena entrato in azienda, Loufrani decide che è arrivato il momento di registrare anche il brand testuale, la parola“Smiley”. Segue, a breve, un’altra, decisiva, intuizione. “In quegli anni ho sviluppato le prime emoticon grafiche, proprio le immagini che vediamo nei messaggi di testo e usiamo tutti, ogni giorno”, spiega.

Gli affari vanno bene grazie alla semplicità universale del logo, riconoscibile e ormai noto ovunque. Oggi compare stampigliato su quattordici categorie merceologiche, dalla moda agli accessori, dai prodotti di bellezza all’arredamento per la casa. Ma ci sono anche editoria, cibo e bevande. Come descriverebbe dopo mezzo secolo di vita la sua società, i cui asset non sono fisici, ma ruotano attorno alle linee di una matita? Loufrani dice: “Siamo una licensing company, il che significa che esistiamo cooperando con i nostri brand partner e retail partner. Noi portiamo in dote la nostra immagine, valori e creatività, oltre che il nostro design; loro ci mettono la propria expertise produttiva, di vendita, logistica e ovviamente i valori. È una fusione tra due visioni”. 

Le collezioni Smiley sono vendute in circa ottanta paesi. “Questo ci rende una delle prime cento licensing company del mondo – dichiara Loufrani –. I nostri concorrenti diretti sono gli evergreen transgenerazionali come Topolino, Hello Kitty, Snoopy. Ma anche marchi come Fila, Kappa, Lee Cooper, Playboy o i Rolling Stones“. “Ad ogni modo, Smiley ha un posizionamento decisamente peculiare, perché è l’unica grande società di questo tipo che non proviene da cinema, libri, cartoni animati, musica, videogiochi – sottolinea l’imprenditore, che ci tiene a precisare come l’azienda sia ancora oggi privata -. Lo Smiley non è ufficialmente un simbolo come Topolino o la bottiglia di Coca-Cola, ma ha resistito al tempo ed è diventata sicuramente un’icona della cultura pop, perché è conosciuta e amata in tutto il mondo”. 

Cosa serve per provarci  

La storia di Smiley è un invito a scatenare la fantasia, come consiglia Stephen Key, inventore seriale e imprenditore con diversi successi nel campo all’attivo “Non dovete dare fondo ai risparmi o lasciare il lavoro per dar vita a un’idea – sintetizza su Linkedin ripercorrendo la propria storia -. Non avete bisogno di co-founder, investitori e nemmeno di scrivere un business plan”.  Per spiegare quanto possa essere semplice, Key racconta un episodio: “A un’azienda che produceva canestri giocattolo e aveva un’accordo con Michael Jordan proposi semplicemente di non limitarsi usare solo la sua figurina, ma di realizzare l’intero tabellone a immagine del giocatore. Mi offrirono subito royalties del 3%”. Che hanno continuano a essere versate per una decina d’anni. 

Gli imprevisti non mancano. Come difendersi dal furto di proprietà intellettuale? Key suggerisce di cominciare passando del tempo a identificare con attenzione le aziende più attente all’open innovation. Queste società, sostiene, hanno tutto l’interesse a mantenere le porte aperte agli innovatori, perché sanno che da essi arriverà carburante prezioso che difficilmente potrebbero trovare all’interno nei reparti di ricerca e sviluppo. Un invito a pensare positivo. Proprio come lo Smiley.



[Fonte Wired.it]