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lunedì, Ago 10

Fantascienza e fantasy, i premi Hugo incoronano le autrici donne (giustamente)



Da Wired.it :

Le nuove regine di questi due generi letterari stanno scrivendo storie bellissime che rispecchiano meglio di tanta altra narrativa il nostro presente

Tante donne e tante storie diverse. La cerimonia di assegnazione dei premi Hugo 2020 per fantascienza e fantasy ha evidenziato con forza una tendenza già in atto da qualche anno nei due generi: l’emersione di grandi autrici che -grazie a background ibridi e esperienze professionali molto diverse- stanno portando nuovissima linfa narrativa ai due generi. Che le donne scrivano ottima fantascienza e ottimi fantasy non è, ovviamente, una novità per nessuno – basti pensare a divinità scrittorie come Marion Zimmer Bradley o Ursula K. Le Guin (volete leggere un solo libro quest’estate: La mano sinistra delle tenebre).
Tuttavia, il fenomeno in corso in questi ultimi anni trascende i casi isolati e ci proietta in un’età dell’oro in cui gli esemplari di ottima scrittura femminile SFF si moltiplicano, aggiungendo temi, sfumature e potenzialità ai generi stessi.

Prima tra tutte, ovviamente, N. K. Jemisin: colei che ha battuto tutti i record, vincendo 3 premi Hugo nella categoria miglior romanzo in tre anni consecutivi (2016-2018), un risultato mai raggiunto da nessuno in precedenza. La sua trilogia La terra spezzata fa saltare i confini tra fantasy, fantascienza, distopia e romanzo di formazione, con una trama granitica che riesce al tempo stesso a trascinare e a sfidare intellettualmente i lettori. Americana e nera, Jemisin ha continuato a lungo la sua professione di counsellor psicologica prima di avere la solidità economica di dedicarsi integralmente alla scrittura. Quest’anno ha vinto il premio Hugo per la sezione Best novelette con Emergency Skin, una storia che torna sui temi morali legati alla proprietà e alla produzione di tecnologie in grado di migliorare la vita di pochi esseri viventi, a scapito degli altri. Emergency Skin è parte della Forward Collection, una collana di storie pubblicata da Amazon e disponibili in formato digitale al costo di pochi centesimi. Tra le altre storie, tutte scritte da nomi molto noti, non perdete anche Ark, di Veronica Roth: l’autrice della famosissima trilogia Divergent ha composto un inno alla preservazione della differenza biologica e della nostra profonda connessione con la natura.

Arkady Martine è invece riuscita a aggiudiudicarsi l’ambitissima categororia Best Novel con il suo romanzo d’esordio, A Memory Called Empire. Martine, al secolo AnnaLinden Weller, è un’attivista per il clima, di mestiere city planner, ebrea e sposata con la scrittrice Vivian Shaw: un profilo abbastanza vario per una bizantinista strappata alla carriera universitaria. Proprio il suo PhD dedicato alla storia medievale armena e all’impero bizantino le ha permesso però di porre le prime basi del suo romanzo, dedicato all’impero galattico Teixcalaan. Tra imperatori potentissimi e morenti, oscure minacce aliene, intrighi di palazzo, burocrazia, omicidi poesia e una strana tecnologia illegale, anche i lettori, come l’ambasciatrice Mahit, subiranno la fascinazione e la repulsione per un totalitarismo così colto, così temibile e così fragile. A Memory Called Empire sarà portato in Italia da Oscar Mondadori.

Per capire quanto la SFF sia vasto e possa comprendere sfumature e tematiche diverse, tra le vincitrici dell’Hugo di quest’anno troviamo anche S.L. Huang. Laureata al MIT con spezializzazione in matematica, esperta di armi, stuntwoman (ha lavorato anche in Battlestar Galactica), è anche l’autrice dei tre best-seller della serie Cas Russel. Quest’anno ha vinto il premio Hugo per la miglior storia breve con As the Last I May Know, una delicata ma profonda illustrazione del dilemma morale legato all’uso di armi di distruzione di massa. La storia si legge gratuitamente sul sito della casa editrice Tor.

Attesissimo e vincitore sia del Nebula che dell’Hugo nella categoria Best novella è infine il romanzo epistolare scritto a quattro mani da Amal El-Mohtar e Max Gladstone, This Is How You Lose the Time War. In arrivo in Italia a breve sempre per Oscar Mondadori, This Is How You Lose the Time War è stato definito dai suoi stessi autori una “queer spy story“. Composta principalmente da lettere scambiate tra loro da due super spie nemiche in viaggio nel tempo, Red e Blue, la novella si focalizza più sull’introspezione personale che sulla descrizione di mondi, riuscendo così a veicolare con somma forza i grandi sentimenti comuni a tutte le persone, di qualunque forma, colore, genere (o numero di braccia o occhi).

I premi Hugo di quest’anno, quindi, per quanto in parte rovinati dalle polemiche sulla conduzione di George R.R. Martin (che è stato estremamente referenziale e ha sbagliato le pronunce dei nominati e dei vincitori di origine non anglosassone), hanno quindi riconosciuto che ci sono tantissime storie rilevanti da leggere e che sì, molte di esse sono scritte da donne nere, ebree, attiviste, di generi e identità fluide. Come è perfetto e meraviglioso che sia.

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[Fonte Wired.it]