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lunedì, Apr 03

Farina di insetti e rischio allergie: cosa sapere | Wired Italia



Da Wired.it :

Le discussioni sulla farina di insetti, e in particolare su quella di grillo, che hanno tenuto banco nelle settimane scorse si sono concentrate soprattutto sugli aspetti burocratici legati all’arrivo sul mercato di quello che per gli italiani è considerato un novel food (non senza polemiche e fake news). Ad alimentarle sono stati i decreti per l’etichettatura e la vendita dei prodotti contenenti insetti, che hanno sollevato un aspetto anche più sanitario, ovvero il rischio di allergie legato al consumo di questi alimenti. Perché sì, le farine di insetti – come tantissimi altri alimenti – possono innescare reazioni allergiche e andrebbero considerate con una certa cautela solo da una fascia della popolazione.

“Per chi non è allergico ad alimenti che contengono gli stessi allergeni, la farina di grillo andrebbe considerata uguale a qualsiasi altro alimento”, riassume a Wired.it Mario Di Gioacchino, presidente della Siaaic (Società italiana di allergologia, asma ed immunologia clinica). Il concetto infatti è che si può sviluppare allergia verso qualsiasi alimento, sempre, anche se è più probabile che l’insorgenza di allergie capiti da bambini, continua l’esperto. Discorso diverso per tutti coloro che sono allergici a sostanze presenti nei cibi a base di insetti, come le farine di grillo (Acheta domesticus).

Cosa scatena le allergie

Pur non avendo mai mangiato questi alimenti, infatti, alcune sostanze presenti in questi cibi sono allergeni certi per alcune persone. Sono coloro che soffrono già di allergie agli acari della polvere o ai crostacei, e non è un caso, ricorda Di Gioacchino: “I grilli, proprio come scarafaggi, acari e crostacei, sono artropodi, e condividono con queste alcune proteine, la principale delle quali è la tropomiosina. Questo significa che se sono allergico ai gamberetti, e proprio a questa proteina, mangiando prodotti contenenti la farina di grillo andrò incontro a cosiddette reazioni crociate. Ovvero reagire anche a cibi diversi, ma contenenti lo stesso allergene o uno molto simile.

Il concetto infatti, ci tiene a precisare l’esperto, è che non si è propriamente allergici a un alimento, quando piuttosto ad alcune molecole contenute al suo interno. Col risultato che, l’allergia nei confronti di una proteina, presente in due alimenti per esempio, renderà la persona allergica a entrambi e a tutti quelli che la contengono. Fino a oggi si conoscono almeno 16 diverse tropomiosine ritenute allergeni alimentari – presente anche nei molluschi, cefalopodi e alcuni vermi cui vanno aggiunte diverse forme di arginina chinasi, un’altra proteina allergenica presente in acari, blatte, crostacei e falene. Accanto a questi allergeni maggiori però, ricorda una recente review condotta da ricercatori italiani sul tema, se ne conoscono altri minori – e dai nomi difficili come heat shock protein 70 e apolipoporina III.

La popolazione a rischio

In Italia si stima che, considerando la prevalenza di allergie a gamberetti, crostacei in generale e acari, siano a rischio allergia per il consumo di farina di grillo circa 800 mila -1 milione di persone, pari all’1-2% della popolazione. Persone che ovvero che rischiano formicolii, dolori, gonfiori diffusi, difficoltà a respirare, diarrea, vomito, fino a reazioni anafilattiche. “Reazioni di anafilassi sono state segnalate in seguito al consumo di farina di grillo”, ricorda Di Gioacchino, e casi di allergia a questi alimenti si sono avuti in Cina, negli Stati Uniti, in Giappone e anche in Europa”. Italia compresa: pochi anni fa per esempio infatti alcuni ricercatori del Cnr e di atenei piemontesi riportavano il caso di due lavoratori impiegati nella produzione di farina di insetti che avevano sviluppato reazioni allergiche dopo il consumo di hamburger a base di tarme della farina (Tenebrio moltior), senza aver però mostrato prima segni di allergie alimentari o respiratorie. In quel caso è verosimile che l’esposizione alla lavorazione della farina di insetti abbia funzionato come sensibilizzazione primaria, ovvero che abbia favorito la formazione delle IgE (le immunoglubuline che mediano le reazioni allergiche e che legano gli allergeni) per poi scatenare una risposta allergica al consumo dell’hamburger.

Allergie alimentari: la gestione del rischio

Lo stesso però potrebbe avvenire con altri cibi, ribadisce l’esperto: in seguito alla sensibilizzazione, la seconda esposizione è in genere quella in cui si manifesta l’allergia. Per i soggetti con allergie note, l’unico modo per gestire il rischio, è conoscerlo. Quando si parla di allergie a un determinato alimenti test molecolari consentono di capire a quale sostanza presente nell’alimento la persona è allergica: “Subito dopo si cerca di capire se la sostanza si distrugge con il calore – nel caso della tropomiosina no, per esempio – o ancora se resiste alla conservazione, alla digestione. In questo modo, a seconda delle proprietà dell’allergene, è possibile stabilire la corretta dieta per ogni paziente con allergia alimentare”, conclude Di Giacchino, lanciando un invito e una riflessione più ampia sul tema: “Al di là dei rischi associati alle allergie aver chiamato ‘farina’ un prodotto polverizzato derivato dagli insetti è fuorviante per i pazienti: sono stati molti quelli che mi hanno chiamato chiedendo se nella farina fosse presente il glutine”. E questo inevitabilmente contribuisce a creare perplessità (come se mancassero) intorno a questo alimento.



[Fonte Wired.it]