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venerdì, Nov 05

Finch è la classica fantascienza senza fantascienza



Da Wired.it :

Si potrebbe creare un genere di “Tom Hanks che insegna a vivere alla gente” dopo Notizie dal mondo e Un amico straordinario. In questa categoria rientrerebbe sicuramente Finch, classico film di fantascienza che non è davvero di fantascienza. Non è infatti interessato a tutti i temi che animano il genere. Non è interessato cioè al rapporto tra spirito e materia, a cosa ne sia dell’umanità in un futuro che è la prosecuzione in peggio del nostro presente, né ancora è interessato alle possibilità reali della tecnologia e che spazio lascino per quanto di più intimo e nascosto cova l’umanità. Anzi il suo robot è da subito implausibile, una creazione avanzatissima fatta con poco. Nonostante non siamo in un futuro remoto, anzi in uno molto prossimo, questa tecnologia di intelligenza artificiale in poco tempo e e senza difficoltà  sviluppa una coscienza e dei sentimenti.

Quello che nei film di fantascienza migliori è un processo lento, faticoso e alla fine, proprio per questo, sorprendente, in Finch è un attimo. L’intelligenza artificiale è spiritosa, divertente, tenera e bambinesca. Ha un cuore gigante e non è chiaro come mai abbia bisogno di imparare a relazionarsi con gli esseri viventi quando fin da subito è molto empatico. La realtà è che il film lo ha creato apposta per scatenare tenerezza, non ha avuto il coraggio di farne davvero un essere senza sentimenti, una macchina che deve comprendere gli uomini. Ed è un peccato che non abbia questo coraggio perché la parte sentimentale già ce l’ha, ed è eccezionale, nel suo protagonista vero.

Karen Kuehn

Tom Hanks è bravissimo a completare i racconti, cioè è bravissimo a recitare per chi non può farlo. In questo caso scambia tutto il tempo battute con un robot (ovvero un effetto visivo) e un cane, riuscendo a dare ogni volta l’idea di una conversazione complicata in cui ci sono due sentimenti in gioco, il suo e quello dell’altro. Solo che l’unico attore è lui. Con un protagonista simile, uno che non sfigura nemmeno con il più ingombrante dei cognomi (Finch come Atticus Finch de Il buio oltre la siepe, il padre dei padri della narrativa americana), un film così pavido da finire ad essere una storia on the road con simpatici amici su un camper, è davvero uno spreco.

Scritto da due esordienti alla sceneggiatura (Craig Luck e Ivor Powell) Finch riesce a fare di uno spunto originale un film uguale a tutti gli altri. Evita in ogni modo l’originalità e sceglie la strada più facile e praticata, quella dell’educazione ai buoni sentimenti e alla pacifica convivenza. E di certo non è il regista Miguel Sapochnik, uomo di buone esperienze televisive, la persona più in grado di trasformare questa materia in qualcosa di complesso aggiungendo uno strato di immagini, messa in scena ed invenzioni che possano elevare la scrittura. Da buon mestierante non sbaglia niente e consegna la versione audiovisiva della sceneggiatura senza sbavature ma anche senza personalità. E alla fine anche Tom Hanks, da solo, non può fare miracoli.



[Fonte Wired.it]