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giovedì, Nov 02

Five Night’s at Freddy’s più che un horror è un film dei Teletubbies



Da Wired.it :

Nel 2014 Five Nights at Freddy‘s faceva la sua comparsa tra gli appassionati di videogiochi horror. Col tempo la saga sarebbe diventata un simbolo delle produzioni indipendenti, con tanta fantasia e un intero universo narrativo capace di catturare per l’atmosfera paranoica e tesissima. Era solo questione di tempo prima che se ne facesse un film ma a vedere il risultato ottenuto da Emma Tammi, c’è veramente da mettersi le mani nei capelli.

Un film mal concepito e senza una vera identità

Five Nights at Freddy’s partiamo col dire che ha in comune con la trama e l’ambientazione videoludica originale giusto il necessario, per il resto rinnega a livello crescente ciò che sapevamo della avventure di Mike Schmidt. Il risultato finale è una sorta di ibrido di difficile identificazione, perché se da un lato la Tammi usa la sceneggiatura scritta assieme a Scott Cawthon e Seth Cuddeback per cercare di delineare un minimo di storia pregressa a quella pizzeria maledetta, dall’altro il tono scelto è assolutamente sbagliato. Ad ogni modo, in Five Nights at Freddy’s facciamo subito la conoscenza di Mike (Josh Hutcherson), che vive alla meno peggio assieme alla sorellina Abby (Piper Rubio), di cui si prende cura come meglio può. Mike passa da un lavoro all’altro senza ordine di continuità, visto che non riesce a tenere a freno comportamenti distruttivi e spesso assolutamente folli. Il motivo è semplice: molti anni prima, appena 11enne, è stato testimone del rapimento del fratellino, mai più ritrovato. Un trauma che ogni notte lo perseguita, e sovente gli fa compiere ogni genere di sciocchezza, costringendolo infine ad accettare la proposta del suo consulente del lavoro Steve (Matthew Lillard): lavorare come guardiano notturno al Freddy’s.

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Il cinema che racconta il lato oscuro dei sogni, tra mostri che terrorizzano i bambini e paure notturne che diventano realtà

Freddy’s era una pizzeria/sala videogiochi molto in voga negli anni ’80, con pupazzi elettronici che animavano le serate per famiglie. Ora però il posto è stato chiuso ed è dove Mike dovrà passare delle intere notti. Naturalmente nel giro di poche ore si renderà conto che i pupazzi elettronici non sono affatto così arrugginiti come potrebbe sembrare e che quel posto in rovina, nasconde un terribile segreto, a cu è connesso più di quanto immagini. Il tutto mentre la crudele Zia Jane (Mary Stuart Masterson) cerca di prendersi Abby, e con la sola agente Vanessa (Elizabeth Lail) che pare disponibile a dargli una manao, mentre Freddy’s diventa una trappola oscura. Five Nights at Freddy’s messa così vi pare un mix di già visto e già sentito? Avete assolutamente ragione, ma c’è di più. Il film è assolutamente incapace di abbracciare un minimo di horror in modo continuo e genuino. Al massimo si degna di fare qualche citazione, di riciclare qualche cliché, senza però legare il tutto a qualcosa di minimamente connesso al genere, alla sua semantica, ai suoi simboli. Non ci si spaventa manco per scherzo e il divieto a minori di 14 anni appare una presa in giro, una barzelletta, se consideriamo cosa veramente l’horror è stato capace di regalarci anche in questi ultimi anni. Qui non c’è niente che valga la pena essere ricordato, niente di minimamente sensato o capace di attrarre anche uno spettatore non amante del genere tout court.

Five Nights at Freddy’s non merita di essere definito horror

Protagonista del film è Josh Hutcherson, che tutti abbiamo conosciuto ai tempi di Hunger Games. Sono passati gli anni ma è incredibile come rimanga lo stesso blocco di marmo inespressivo, come non sia migliorato minimamente da quando fu miracolato al fianco di Jennifer Lawrence. Qui mette il suo sguardo tra lo sperduto e l’asociale al servizio di un personaggio tra i più irritanti e peggio caratterizzati del genere, ivi comprese l’universo delle produzioni di serie B. Ed è questo il punto interessante, perché Five Nights at Freddy’s è costato 25 milioni di dollari, ma dove siano finiti non è chiaro. Gli effetti speciali e visivi sono vecchio di una dozzina d’anni, la fotografia di Lyn Moncrief non basta a ridare credibilità ad un film che ad un certo punto vira verso l’atmosfera da Teletubbies. Si esatto, avete letto bene, un film horror che ad una certa diventa una sorta di kid movie educativo, con tanto di bambina che ride per il solletico o simili. Ma non era un film dell’orrore questo? Si respira un’atmosfera di assoluta mediocrità che interessa la regia (forse la peggiore vista in un horror quest’anno), colonna sonora, svolte narrative e soprattutto il finale. Il finale è veramente insipido, mal scritto, malcontento e interpretato senza un bricioli di ispirazione. La Zia Jane come altri personaggi appare poi inutile ai fini della trama, senza una singola necessità di esistere nell’iter narrativo se non aggiungere un orpello tanto per.

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Five Nights at Freddy’s rappresenta l’ennesima occasione persa per chi voleva coniugare universo videoludico e mercato audiovisivo. Come nel recente Winnie The Pooh, non vi è né la connessione allo slasher, né quella di creare al limite una parodia del genere, né tantomeno l’audacia di unire le due componenti come a suo tempo fece benissimo Scream. Il film si prende sul serio dove non dovrebbe, è superficiale per non dire di peggio nei momenti topici e soprattutto prevedibile in ogni sua componente degna di nota. I personaggi poi sono uno peggio concepiti dell’altro, non vi è alcuno sviluppo, alcuna motivazione soddisfacente. Fatto ancora più grave, Five Nights at Freddy’s non usa quasi nessuno degli elementi iconici del gioco, soprattutto quando si parla dei giganteschi animali robotici, diventando infine una sorta di parodia involontaria. Non appare neppure chiaro a chi abbia mirato la Tammi, visto che è un film fiacco per gli adulti, non abbastanza dinamico per i bambini e in ultima analisi troppo scialbo anche visivamente per chiunque. Fatevi un favore e risparmiate a voi stessi questa tortura cinematografica, un’operazione arrivata in ritardo, diretta con mano dilettantesca e priva di anima. In ultima analisi sembra proprio come i suoi quattro pupazzoni: la versione tarocca di qualcosa di interessante creato da altri.



[Fonte Wired.it]