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giovedì, Dic 30

Foreste vergini: sono sempre meno (e sempre più piccole)



Da Wired.it :

Si tratta di veri e propri serbatoi di vita animale e vegetale, che spesso ospitano specie ancora sconosciute. L’interesse per le foreste vergini del pianeta è cresciuto enormemente insieme al dibattito sul surriscaldamento globale. Infatti, questo tipo di foreste è in grado di immagazzinare più anidride carbonica di quanto riescano a fare le cosiddette “secondarie”, costituendo quindi una delle armi più preziose per contrastare il riscaldamento globale. Le foreste di nuova generazione o “secondarie” sono quelle sorte sulle rovine di quelle vergini dopo che l’attività dell’uomo le ha colpite e, spesso, annientate. Per questo preservare la flora vergine di un’area è molto più importante che piantare nuovi alberi o rigenerare foreste. Ciò che va distrutto, soprattutto in termini di biodiversità, quasi mai può essere ricostituito del tutto. 

Non solo: le foreste vergini permettono la sopravvivenza (non solo materiale ma anche culturale) di migliaia di popoli indigeni e non è un caso che l’80% della biodiversità terrestre si trovi nei territori presidiati da comunità ancestrali. In Amazzonia la deforestazione si ferma dove vivono gli indigeni. In India gli animali a rischio estintivo come le tigri proliferano solo nelle zone abitate dalle popolazioni più antiche. Anche le Nazioni Unite hanno dichiarato che investire nella tutela dei popoli indigeni sia il modo più efficace per proteggere le foreste. E viceversa.

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Quante foreste abbiamo perso negli ultimi anni? 

Dal 2000 al 2020 sono stati distrutti 1,5 milioni di chilometri quadrati di foreste vergini: una superficie grande quasi quanto Tunisia, Libia ed Egitto messi assieme. Su 65 paesi che ospitavano foreste vergini nel 2020, 40 hanno perso almeno il 10% della loro area Ifl nell’ultimo ventennio. E questa deforestazione è avvenuta principalmente in 6 paesi: Russia, Canada, Brasile, Bolivia, Indonesia e Perù. 

In Russia, dove negli ultimi 7 anni è più che raddoppiato il ritmo di estinzione delle foreste vergini, raggiungendo i 33mila chilometri quadrati persi ogni anno. L’espansione del disboscamento industriale, l’estrazione di petrolio, gas e oro, gli incendi boschivi sono tra le ragioni principali di questo aumento. In sintesi, secondo le stime di Greenpeace, se si procederà a questo ritmo non rimarrà nulla delle grandi foreste vergini della Siberia orientale entro il 2050. La Russia purtroppo non è un’eccezione: nonostante le campagne sul rimboschimento e contro la deforestazione che abbiamo visto crescere sensibilmente nell’ultimo decennio, tra il 2014 e il 2020 le Ifl hanno registrato un tasso globale di estinzione del 28% più alto rispetto al periodo 2008-2014. 



[Fonte Wired.it]