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martedì, Set 10

Forse abbiamo risolto il più grande errore di Einstein


Costante cosmologica: sì, no, forse? Ecco l’ultimo tentativo per risolvere uno dei principali rompicapo della fisica moderna

einstein
(immagine: Getty Images)

C’è una grossa incognita nella fisica e si chiama costante cosmologica. Serve o non serve? Se serve, perché? E poi, qual è il suo valore? Domande a cui da più di un secolo – cioè da quando Albert Einstein la introdusse nelle sue equazioni di campo che descrivono la teoria della relatività generale – gli scienziati tentano di dare una risposta. Ma nessuna teoria finora sembra coerente con le osservazioni sperimentali. Oggi nel dibattito interviene Lucas Lombriser dell’università di Ginevra, che con un articolo sulla rivista Physics Letters B ha esposto un nuovo metodo di calcolo, che sottintende un Multiverso con una costante gravitazionale variabile.

L’errore di Einstein

Tutti possono sbagliare. Anche i geni come Einstein, che al tempo della formulazione della teoria relatività generale credeva, come la maggior parte dei suoi colleghi fisici e astronomi, che l’Universo avesse dimensioni fisse e che fisso fosse lo spazio tra le galassie. Nel 1916 Einstein sviluppò la teoria della relatività generale, descritta da quelle che oggi sono note come equazioni di campo di Einstein, che spiegano come la materia e l’energia modifichino lo spazio-tempo generando la gravità. I conti però non tornavano e la teoria sembrava descrivere un Universo instabile, in espansione o in contrazione. Perciò Einstein introdusse nelle equazioni la costante cosmologica, forzando la sua stessa teoria.

Non passarono nemmeno dieci anni, però, che Edwin Hubble verificò che davvero il nostro Universo è in espansione. E quindi – ops! – la costante cosmologica sparì dalle equazioni di campo, definita dallo stesso Einstein il suo più grande errore.

Fine della storia? Se così fosse non saremmo qui a parlarne. Nel 1998, infatti, i fisici realizzarono che non solo l’Universo è in espansione ma che le galassie hanno un moto accelerato e si allontanano come spinte da una qualche forma di energia sconosciuta. Un’ipotesi che conosciamo come energia oscura e che – ironia della sorte – ha rimesso in gioco la costante cosmologica.

In questi trent’anni ci sono stati diversi tentativi di calcolo sperimentale della costante, che dovrebbe rappresentare il 70% dell’energia dell’Universo, ma puntualmente i risultati a cui si arriva non sono soddisfacenti, sono discutibili e differiscono troppo dalle previsioni teoriche – tanto che qualcuno è anche arrivato a mettere in discussione la teoria della relatività generale.

Un nuovo metodo

La teoria però regge e anzi continua a raccogliere prove, segno che la strada non è quella di ripensare la gravità. Ed è ciò che sostiene anche Lucas Lombriser, che nel suo approccio di calcolo alla costante cosmologica non modifica le equazioni di campo di Einstein, ma ne aggiunge una che assume l’ipotesi per cui la costante gravitazionale possa cambiare.

Un cambio di paradigma tutt’altro che banale: la costante gravitazionale è una delle costanti fondamentali della fisica, invariata dall’inizio dell’Universo. Per Lombriser invece la costante gravitazionale rimane la stessa nel nostro Universo, ma al di fuori può variare, sottintendendo che non esista un Universo ma un Multiverso, con regioni a noi invisibili in cui le costanti fondamentali cambiano.

Da questo presupposto, l’equazione aggiuntiva del fisico mette in relazione la costante cosmologica con la somma media della materia nello spazio-tempo, e una volta risolta fornisce un valore della costante cosmologica che si avvicina molto a quello stimato dalle osservazioni sperimentali.

Ma poi, insomma, perché è così importante? Non è il numero in sé e per sé, quanto il suo significato. Conoscerlo, secondo gli esperti, ci aprirebbe le porte verso un più alto grado di comprensione del Cosmo.

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