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venerdì, Nov 01

Fusione Fca-Psa, le ragioni vanno dall’auto elettrica agli Usa


Quello tra le due compagnie di auto si delinea come un matrimonio di interessi. Per convergere su auto elettrica, modelli e mercati. Ma la Cina resta fuori

The logo of Fiat Chrysler Automobiles (FCA) is pictured at the Mirafiori plant in Turin on July 11, 2019 within the inauguration of the assembly line of the Fiat 500 BEV Battery Electric Vehicle, the first of its kind in Europe. (Photo by Miguel MEDINA / AFP) (Photo credit should read MIGUEL MEDINA/AFP/Getty Images)

Come si dice in questi contesti: tanto tuonò che alla fine piovve. Le case automobilistiche Fiat Chrysler automobiles e il Groupe Psa hanno confermato l’impegno a unire le forze per creare un attore globale nel settore auto. Si tratta di un accordo storico nel quale si va a creare un player solido in grado di rispondere al meglio alle sfide del “fluido” settore automobilistico attuale.

Le due case mettono insieme una serie di brand automobilisti; da una parte la Psa, che possiede i marchi Peugeot, Citroën, Opel e Ds, dall’altra l’italo-americana Fca, proprietaria di Fiat, Alfa Romeo, Maserati, Jeep, Ram e Chrysler. Un matrimonio che, teoricamente, è utile per entrambe, anche se, a una prima istanza, a guadagnarci sembra essere più la Psa.

I mercati

La fusione va a creare un’azienda globale con un valore di capitalizzazione in Borsa di 45 miliardi di dollari (circa le stesse dimensioni della giapponese Honda) e in grado di produrre 9 milioni di auto l’anno. Numeri interessanti, specie in Europa, dove le dimensioni della coppia Fca-Psa la porterebbero a posizionarsi al quarto posto tra i costruttori, subito dietro al gruppo Volkswagen, alla Toyota e all’Alleanza Renault-Nissan.

Nel vecchio continente il beneficio è tutto per la Fca poiché, con il suo brand europeo per eccellenza, la Fiat, a causa di una gamma prodotti ormai tecnologicamente datata e avara di nuovi modelli, non è in grado di competere con l’agguerrita concorrenza. E, proprio in Europa, il Lingotto, nonostante tutto, riesce ancora a registrare numeri interessati che sono però ormai esclusivamente legati alle sue due utilitarie più iconiche: 500 e Panda. 

La Psa ha in gamma una serie di suv urbani le cui piattaforme potrebbero essere usate dalla Fiat. Bisogna però precisare che il mercato europeo è quello più complesso e più competitivo, dove, tra l’altro, sono presenti praticamente tutti i costruttori e dove sono in tanti, troppi, a dividersi lo stesso osso. Quindi, la neonata realtà dovrà confrontarsi con colossi come il gruppo Volkswagen che ha un portafoglio prodotti molto articolato, oltre a essere leader europeo e mondiale.

Le mosse degli altri

La cessione della Opel da parte della General Motors dovrebbe far riflettere. Il colosso di Detroit nella gestione della Opel ha praticamente solo perso soldi quindi, quando si è palesata l’occasione di una cessione non ci ha pensato su due volte. Di fatto Psa, con l’acquisizione di Opel, si è messa in casa un terzo marchio che si sovrappone a quelli già presenti nel gruppo. Senza dimenticare che in Europa l’Opel ha un pesantissimo sistema industriale, concentrato nella costosa Germania, che la Gm ha faticato a ridurre negli anni e dove tra l’altro sono presenti sindacati molti agguerriti.

La fusione Fca-Psa non fa altro che andare a sovraccaricare questa deriva “eurocentrica”. In questo matrimonio la Fca può tuttavia garantire ai francesi l’accesso, direttamente dalla porta principale, al mercato americano, dove la compagnia italo-americana registra i maggiori profitti grazie alle performance di Jeep e Ram, che sono due vere e proprie galline dalle uova d’oro. Senza dimenticare che i francesi potranno mettere le mani anche su brand premium come Alfa Romeo e, soprattutto, Maserati.

Certo, Fca può avere accesso anche alle piattaforme elettrificate del costruttore francese. Cosa non da poco, visto che a Torino, nonostante la prossima uscita della 500 elettrica, sono decisamente in ritardo. Ma siamo sicuri che l’Europa e l’elettrico siano sufficienti a rendere profittevole e utile questa nuova coppia? Da osservatori esterni sembra più un matrimonio di convenienza, fatto soprattutto per razionalizzare e far fronte, unendo le forze, alle nuove sfide poste dal settore dell’auto.

Così come sosteneva il mai troppo compianto Sergio Marchionneil settore automobilistico ha bisogno di consolidamento e le fusioni fanno parte del gioco perché le aziende sono costrette a sopportare una notevole pressione per via degli stringenti limiti sulle emissioni atmosferiche, che richiedono ingenti investimenti. Dalla condivisione passa la sopravvivenza del  settore.

A conti fatti alla Fca avrebbe fatto più comodo un partner più globale e meno “locale”. La nuova sfida sarà infatti quella di presentarsi come una valida alternativa in Cina, che attualmente è il più grande mercato automobilistico. E proprio in Cina entrambi i gruppi sono carenti. Concentrare tutto sulla ormai satura Europa e sull’America è una strategia che ha i suoi limiti e che potrebbe presentare presto il conto.

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