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lunedì, Ott 30

Fusione nucleare, il boom delle startup che vogliono realizzarla



Da Wired.it :

L’ultima nata è Proxima Fusion. A fine maggio la startup nata per esplorare tecnologie per la fusione nucleare annuncia l’avvio dei lavori. Costola dell’Istituto Max Planck per la fisica del plasma, composta da professionisti del Massachusetts institute of technology (Mit) di Boston e di Google X e guidata da due italiani, l’ad Francesco Sciortino e il direttore operativo Lucio Milanese, Proxima Fusion ha in cassa 7 milioni di euro per sviluppare uno stellarator, una delle tecnologie usate per avviare la fusione nucleare e replicare sulla Terra il meccanismo fisico che alimenta le stelle, generando enormi quantità di energia senza il pensiero di scorie radioattive e gas serra.

Quello della fusione nucleare è un business giovanissimo. Delle 44 imprese del settore censite dall’ultimo rapporto della Fusion industry association (Fia), un’organizzazione che rappresenta il comparto, 24 hanno meno di cinque anni. Segno che la pietra filosofale dell’energia, che promette di risolvere tutti i problemi che ci affliggono, assicurando un’alimentazione illimitata a emissioni zero, è entrata nei radar di chi investe da pochi anni. D’altronde, il traguardo fissato da scienziati ed esperti per arrivare alla produzione di energia da fusione nucleare è lontano: 2050. Immaginarsi come doveva apparire nel 1992, quando è stata costituita la prima società dedicata. Era la Princeton satellite systems, oggi Princeton fusion systems, che ha alle spalle l’omonimo ateneo statunitense, e conta di mettere in funzione nel 2030 un impianto dimostrativo per confinare il plasma della fusione attraverso particolari magneti semiconduttori.

Lo scenario:

  1. La startup più ricca
  2. La corsa all’oro

La startup più ricca

Facciamo un passo indietro. La fusione funziona all’inverso del sistema usato attualmente per produrre energia atomica, ossia la fissione. Nella fissione si bombarda il nucleo di un atomo di un elemento pesante, come l’uranio, che viene disintegrato in frammenti più piccoli, liberando energia. Nel caso della fusione, invece, due nuclei leggeri si uniscono per costituirne uno più pesante, generando energia. Perché avvenga questa reazione, si possono percorrere diverse strade.

Una è il confinamento magnetico. Si inseriscono atomi di deuterio e trizio (isotopi dell’idrogeno) in una struttura a ciambella, detta tokamak, li si riscalda fino a raggiungere lo stato di plasma e poi innescare la fusione nucleare. Siccome il plasma ha temperature altissime, non può toccare le pareti del tokamak, e pertanto si fa ricorso a potenti campi magnetici per gestirlo. A una delle modalità per gestire il plasma, il confinamento magnetico, lavora Commonwealth Fusion Systems (Cfs), la startup della fusione nucleare più finanziata al mondo.

Cfs ha cinque anni di vita, sede a Devens, in Massachusetts, e collabora con il Massachusetts institute of technology (Mit). Nel 2020 aveva in cassa 250 milioni di euro. Oggi la cifra va moltiplicata per otto: due miliardi. A maggio il Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti, che gestisce i fondi per accelerare sulla commercializzazione della fusione nucleare, ha staccato un assegno da 46 milioni per Cfs. Tra i finanziatori la startup annovera il cofondatore di Microsoft Bill Gates e due colossi dell’energia come la norvegese Equinor e l’italiana Eni. Lo scorso marzo proprio l’amministratore delegato del cane a sei zampe, Claudio Descalzi, ha visitato il campus di Cfs a Devens per annunciare un accordo con la startup per accelerarne lo sviluppo. Commowealth fusion conta di avviare nel 2025 Arc, un primo impianto per la fusione nucleare capace di garantire una produzione netta di elettricità, maggiore di quella impiegata per accendere i motori.



[Fonte Wired.it]