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Gaza, chi controlla la misteriosa fondazione che gestirà tutti gli aiuti umanitari?

da | Mag 21, 2025 | Tecnologia


Israele ha deciso di escludere l’Onu dalla gestione degli aiuti a Gaza, assegnando l’intero controllo della distribuzione umanitaria a una fondazione svizzera di recente costituzione e struttura poco trasparente. Entro fine maggio, la Gaza humanitarian foundation (Ghf) diventerà l’unico canale autorizzato per l’ingresso di cibo e medicine nella Striscia. La decisione del governo Netanyahu, sostenuta dall’amministrazione Trump, modificherà il sistema attuale che include le agenzie Onu, in particolare l’Unrwa, che da decenni gestisce gli aiuti nei territori palestinesi. Dall’inizio del conflitto nell’ottobre 2023, e particolarmente dopo il blocco degli ultimi mesi, la popolazione di Gaza affronta una grave crisi alimentare, con un flusso di aiuti drasticamente ridotto rispetto al periodo pre-bellico. Questo cambiamento solleva interrogativi sull’identità dei protagonisti dietro questa fondazione di recente costituzione.

La situazione degli aiuti umanitari a Gaza

Prima della guerra, Gaza riceveva fino a 600 camion di aiuti al giorno attraverso sei valichi, principalmente gestiti dall’Unrwa. Dopo l’inizio del conflitto nell’ottobre 2023, Israele ha progressivamente ridotto questi flussi per motivi di sicurezza, imponendo un blocco totale tra marzo e maggio 2025, il più lungo nella storia dell’enclave. In questi due mesi e mezzo, quasi nessun aiuto è entrato, aggravando una crisi alimentare già seria. Solo di recente, sotto pressione statunitense, sono stati autorizzati pochi camion, mentre circa tremila risultano ancora bloccati ai confini.

È in questo quadro critico che il governo israeliano ha definito la parziale ripresa degli aiuti come un “ponte temporaneo” in vista dell’introduzione, entro la fine di maggio, di un nuovo meccanismo di distribuzione. Il sistema attuale, gestito da agenzie dell’Onu come l’Unrwa, sarà completamente sostituito dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), una fondazione svizzera di recente costituzione, che diventerà l’unico canale autorizzato per l’ingresso di cibo e medicinali. Israele giustifica il cambiamento con le accuse, mosse a gennaio 2024, secondo cui l’Unrwa sarebbe stata infiltrata da membri di Hamas. Il progetto del governo Netanyahu prevede la creazione di centri di distribuzione gestiti da contractor privati e protetti dalle forze armate israeliane, localizzati soprattutto nel sud della Striscia. Tuttavia, secondo i critici, questa configurazione permetterebbe a Israele di esercitare un controllo diretto e capillare sugli aiuti, escludendo del tutto la supervisione di osservatori internazionali indipendenti.

Cosa è la Gaza humanitarian foundation

Secondo quanto riportato dal Financial Times, la Ghf presenta caratteristiche che sollevano interrogativi sulla sua natura e sulle reali competenze in campo umanitario. Registrata in Svizzera a febbraio da un cittadino armeno senza precedente esperienza documentata nel settore, la fondazione include anche un ramo americano di cui si conoscono pochi dettagli. Il quotidiano britannico ha già documentato l’arrivo in Israele di personale di sicurezza privato, ingaggiato per proteggere convogli e siti di distribuzione. Le due società di sicurezza americane che saranno coinvolte coinvolte – Safe reach solutions e Ug Solutions – hanno già operato brevemente a Gaza durante un cessate il fuoco temporaneo a gennaio, ma non hanno risposto alle domande dei giornalisti sulle loro operazioni attuali e sui termini del loro contratto con la fondazione.

A guidare oggi l’organizzazione è un americano Jake Wood, ex Marine che in passato ha gestito l’agenzia di soccorso Team Rubicon. Intervistato dal Financial Times, Wood ha ammesso che il piano presenta “sfide significative” ma ha sottolineato che l’importante è che ha ottenuto l’approvazione israeliana. L’operazione dovrebbe distribuire 300 milioni di pasti in 90 giorni, al costo di 1,30 dollari ciascuno, un’impresa che richiederebbe risorse ingenti e una logistica complessa mai testata in una zona di guerra attiva. Il Financial Times ha parlato con una persona che lavora nella fondazione, la quale ha detto che un paese (senza specificare quale) avrebbe promesso di donare 100 milioni di dollari all’organizzazione. Ma non ci sono conferme ufficiali di questa donazione, e anche se fosse vera, mancherebbero ancora 290 milioni di dollari per coprire tutti i costi previsti. Considerando che l’organizzazione dovrebbe iniziare a operare entro un mese, la mancanza di finanziamenti certi solleva seri dubbi sulla fattibilità del progetto.

Un ulteriore elemento che contribuisce ad accrescere le ambiguità intorno alla Ghf riguarda le modalità con cui la fondazione ha cercato di accreditarsi a livello internazionale. Secondo quanto riportato dal Financial Times, nei propri documenti ufficiali la Ghf avrebbe rivendicato una collaborazione con personalità di rilievo come Nate Mook, ex direttore di World central kitchen — l’organizzazione alcuni dei quali operatori erano stati uccisi in un attacco israeliano ad aprile 2024 — e l’ex primo ministro britannico Tony Blair. Entrambi, però, hanno smentito pubblicamente qualsiasi forma di coinvolgimento, suscitando ulteriore imbarazzo attorno all’iniziativa.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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