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martedì, Mar 24

Gianni Rezza, epidemiologo: “Lockdown simultanei in tutta l’Europa colpita dal coronavirus sarebbero più efficaci”



Da Wired.it :

Bloccare le attività e la circolazione delle persone, in modo coordinato e simultaneo in tutti i paesi europei con molti casi sarebbe la strada più giusta, ci dice lo scienziato dell’Istituto superiore di sanità

coronavirus
(foto: ugurhan via Getty Images)

L’epidemia di Covid-19 causata dal nuovo coronavirus Sars-CoV-2 imperversa ormai non solo in ma anche negli altri paesi d’Europa e del mondo, dagli Stati Uniti al Medio Oriente fino all’India e ad altre parti dell’Asia. Ma anche nell’America del Sud, in Canada e in Australia inizia a esserci un numero considerevole di casi. Sicuramente, però, dopo la Cina i paesi più colpiti sono quelli europei, tanto che il 13 marzo scorso l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha definito l’Europa quale “epicentro della pandemia”, con “più casi e decessi segnalati rispetto al resto del mondo messo insieme, a parte la Cina”. Le cifre stanno crescendo anche nel resto del mondo, ma ancora adesso, alla data del 24 marzo, l’Italia e l’Europa rimangono purtroppo capofila (qui la mappa mondiale del contagio). Alla luce di questi dati, cosa si può fare, a livello nazionale e internazionale, per contenere il contagio? Ne abbiamo parlato con Gianni Rezza, epidemiologo e responsabile del reparto di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.

Ogni nazione sta prendendo misure di contenimento con tempistiche e modalità differenti. Ma ora abbiamo tutti i dati del contagio e sappiamo quanto l’epidemia sia rilevante in Europa, invece che avere tanti lockdown sfasati, dato che ogni paese decide quando e come iniziare i blocchi, non sarebbe più efficace prendere tutti le stesse misure e nello stesso momento?

“Ritengo di sì. Sarebbe certamente auspicabile che si facesse fronte comune a livello europeo. Un blocco o un lockdown simultaneo e con misure simili potrebbe essere uno strumento utile per gestire meglio le ondate epidemiche. Eliminando gli sfasamenti temporali forse si riuscirebbe a evitare con maggiore probabilità il rischio di nuovi focolai in una data regione una volta che l’epidemia sia stata fronteggiata in quel paese o in quella zona.”.

Perché non si agisce in questo senso, allora?

“Gli ostacoli per un lockdown europeo sono più di natura pratica e organizzativa. In questo momento non ci sono gli estremi per cui tutte le nazioni europee si mettano d’accordo e ciascuna nazione sta procedendo in base ai propri dati e all’andamento del contagio a livello nazionale, che comunque è in crescita in tutta Europa. Per ora, anche se molti paesi si stanno allineando e muovendo verso il blocco totale, non c’è una completa uniformità temporale e d’azione rispetto a questo”.

L’Italia è stato il primo paese a prendere misure importanti e stringenti, con il plauso dell’Oms. Ma il lockdown serve e quanto?

“Sicuramente il blocco e la limitazione della circolazione delle persone è essenziale e già in questi giorni iniziamo a vedere esiti positivi rilevanti nelle ex aree rosse, come nei primi comuni in cui si è diffuso il contagio. L’auspicio è che verso la fine di marzo si possano rilevare effetti benèfici anche in altre zone , nel nord, in cui il lockdown è iniziato leggermente prima, e poi nel resto ”.

Il 22 e il 23 marzo i dati della Protezione civile hanno mostrato una lieve flessione nei nuovi casi e nei decessi. Significa che la situazione sta migliorando?

“È troppo presto per pronunciarsi. Le cifre dei contagiati possono ancora oscillare e subire alterazioni anche a causa del fatto che i numeri dipendono dal conteggio giornaliero dei contagiati. Tuttavia, cominciamo a osservare qualche miglioramento anche sulla base di dati di modelli matematici. L’auspicio è che almeno nelle zone rosse i numeri possano calare quanto prima. Ma proprio per ottenere questo risultato non dobbiamo mai abbassare la guardia”.

Oltre al lockdown ci sono altre misure, che attualmente non usiamo o usiamo troppo poco, che potrebbero essere utili?

“Sicuramente alcuni paesi nell’area orientale, come Corea del Sud, ma anche Singapore e la stessa Cina stanno sfruttando e hanno usato al meglio strumenti tecnologici per il tracciamento dei contatti, il cosiddetto contact tracing. Questo, combinato con un ampio numero di tamponi, può consentire di rilevare ancora meglio tutti i positivi, anche quelli asintomatici o con sintomi lievi. E così contenere il contagio. Anche in Italia e in altri paesi europei lo si sta facendo ma non sempre non in maniera ottimale. Questo perché i sistemi sanitari sono spesso sovraccarichi e giustamente concentrati su altre priorità. Ma anche perché non tutti siamo in possesso degli stessi mezzi, delle stesse competenze tecnologiche e della preparazione per farlo, anche perché non c’è una tradizione nell’uso di questo genere di sistema. In che pure si sta muovendo bene, il modello non è applicato in maniera sufficiente”.

Questo sarebbe utile in aggiunta al lockdown?

“Assolutamente sì, abbinarlo o alternarlo oppure ancora utilizzarlo in maniera combinata con varie modalità – anche in base all’andamento epidemico del momento – insieme al lockdown potrebbe essere una strada interessante da percorrere, qualora in futuro i mezzi lo consentano”.

L’11 marzo l’Oms ha dichiarato che la Covid-19 è una pandemia. Il capo dell’Istituto nazionale della salute pubblica in Germania ha dichiarato, come riporta Reuters, che la pandemia potrebbe durare anche due anni. Questo dato è verosimile?

“Soprattutto se non troviamo un vaccino, sì. L’augurio è che riusciamo ad avere strumenti preventivi, come la vaccinazione, prima di due anni e che questo possa aiutare a contrastare la pandemia. Attualmente è difficile dire quanto potrà protrarsi, dato che questa stima dipende da numerosi fattori, dalle misure attuali e future, prese a livello internazionale dei vari paesi dentro e fuori l’Europa, dall’adesione dei singoli paesi a queste misure e da altri elementi che ancora non conosciamo”.

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[Fonte Wired.it]