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venerdì, Mar 03

Giappone, la scuola di videogiochi che in realtà insegna molto di più



Da Wired.it :

Oltre alle lezioni intensive su come migliorare le proprie abilità nei videogiochi più comuni, il curriculum prevede anche l’insegnamento delle materie tradizionali. Gli alunni infatti devono frequentare classi di matematica, di inglese e di alcune delle materie che i loro coetanei studiano nelle altre scuole del Giappone. La E-Sports High School, in sostanza, mira a dare una formazione che permetta agli studenti di affermarsi nel mercato del lavoro videoludico non solo come gamer, ma anche come sviluppatori di videogiochi, programmatori, commentatori di e-sport o designer di animazioni digitali. Per alcune di queste professioni, gli alunni dovranno continuare gli studi all’università ed è per questo importante che la scuola fornisca le competenze necessarie per proseguire la propria formazione

La copertina di Age of Empires II

A 25 anni dal debutto il franchise sta ritrovando centralità soprattutto grazie alla comunità di appassionati, come raccontano l’amministratore delegato di Microsoft Gaming e il responsabile dello sviluppatore World’s Edge

Recuperando chi la scuola la vuole lasciare

Ma il valore della E-Sports High School va ben oltre le competenze professionali che intende insegnare ai propri studenti. Come scritto qualche giorno fa dal New York Times, uno dei pregi di questo istituto è stato quello di ridare ad alcuni giovani la voglia di studiare. L’abbandono scolastico è un problema che negli ultimi decenni si è acuito sempre di più in Giappone, il cui sistema educativo grava pesantemente sugli studenti. Il bullismo incide ma solo fino a un certo punto, ed è invece la pressione sugli alunni che gioca un ruolo fondamentale nell’allontanamento di alcuni giovani dalla scuola. 

L’ambiente educativo in Giappone è spesso molto duro, in cui rientrano rigide punizioni e un certo livello di distacco interpersonale. In questo clima spesso ostile trovano poi spazio anche regole apparentemente senza senso, il cui unico scopo sembra quello di impartire la disciplina e riaffermare un’autorità fine a se stessa sui propri studenti. Il mese scorso il giornale giapponese Mainichi Shimbun ha riportato che in pieno inverno alcune scuole della prefettura di Kagoshima avevano vietato agli alunni di indossare un cappotto sopra l’uniforme per proteggersi dal freddo. L’anno scorso invece a Fukuoka, una studentessa era stata rimproverata dai professori per essersi rifinita le sopracciglia, un’azione che incredibilmente era in contrasto con la disciplina della scuola. Di fronte a pressioni del genere alcuni alunni sviluppano un rifiuto istintivo, scegliendo così di rinchiudersi in casa. Ed è proprio a queste persone che la scuola di Shibuya si rivolge. 

Contrariamente alle altre scuole giapponesi, le lezioni alla E-Sports High School iniziano alle 10 e l’uniforme non è richiesta. Anche le entrate in ritardo sono tollerate. “I ragazzi che non venivano a scuola sono innanzitutto allergici all’essere obbligati” dice il preside Akira Saito. La filosofia dell’istituto infatti è quella di suscitare l’interesse degli alunni per poi mostrare loro che “è davvero divertente venire a scuola ed è davvero utile per il [loro] futuro”, dice Saito al New York Times

La scuola è ancora un esperimento e bisogna vedere quanti allievi si iscriveranno al secondo anno. Ma se le lezioni di gaming possono aiutare i giovani giapponesi a rifiutare l’abbandono scolastico per reintegrarsi nella società, allora l’operazione ne sarà valsa la pena anche se nessuno di loro diventerà il prossimo campione di esport.



[Fonte Wired.it]