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lunedì, Nov 01

Giappone, quando era l’antagonista tech degli Stati Uniti



Da Wired.it :

La prossima guerra. Un paese asiatico che ambisce a un ruolo di potenza e diventa una minaccia economica e tecnologica per gli Stati Uniti. Un inquilino della Casa Bianca che accusa il suddetto paese asiatico di furto di tecnologia americana, di dumping e di politiche economiche sleali. Una vera e propria ‘invasione commerciale’ che apre la strada a una serie di trade war (a partire da una serrata sfida sui semiconduttori) tra Washington e l’aspirante leader mondiale in arrivo da oriente, alla ricerca del controllo assoluto delle materie prime e impegnato nel tentativo di espellere la presenza strategica ed economica degli Stati Uniti dal Pacifico, con il sostegno di una forza militare in fase di espansione e ammodernamento verso il raggiungimento di ‘una classe mondiale’. Alla faccia della ‘finzione’ dello sbandierato pacifismo. Tanto che per Washington si impone un netto rafforzamento del corpo dei marine per farsi trovare pronti a combattere una guerra calda, dopo la fine della guerra fredda con l’Unione Sovietica, in un mondo (e in particolare un Pacifico), diviso in due opposti schieramenti. 

Ricorda qualcosa? Eppure lo scenario sopra descritto non è collegato alla Cina, quantomeno non lo era nel celebre libro The Coming War with Japan, scritto da George Friedman e Meredith LeBard nel 1991.  Esattamente trent’anni fa, infatti, una parte degli analisti americani si immaginava un conflitto armato tra Washington e Tokyo. Sulla base di diversi elementi per i quali ci si immagina ora la possibilità di una terza guerra mondiale nata dalla contrapposizione tra Washington e Pechino. Con l’aggiunta odierna della contrapposizione ideologica, rilanciata dall’amministrazione di Joe Biden dopo quella più mercantilista messa in piedi da Donald Trump.

 Sperando che anche questa volta i teorici del conflitto o gli appassionati delle trappole di Tucidide non ci azzecchino, che cosa ha fatto il Giappone in questi trent’anni? Com’è passato dall’essere una minaccia per una guerra tecnologica con Stati Uniti a mera comparsa della contesa tra i due protagonisti globali? Ed è davvero solo una comparsa oppure è riuscito a ritagliarsi un ruolo rilevante seppur non più alle luci della ribalta come era accaduto in passato?

Durante i suoi due ‘decenni perduti’, il Giappone ha assistito con sostanziale impotenza all’ascesa cinese. Prima all’ingresso di Pechino nell’Organizzazione mondiale del commercio, poi la sua lunga e inesorabile trasformazione da ‘fabbrica del mondo’ a centro propulsore di nuova tecnologia, non solo quella ‘copiata’ dall’occidente. Tanto da diventare modello precursore di tendenze digitali globali. Così come lo era stato il Giappone stesso in precedenza, pur senza le stesse dichiarate ambizioni che dalla sfera tecnologica tracimano in quella politica e geopolitica, come dimostra la Belt and Road Initiative.

La sfida di Tokyo sui semiconduttori

La pandemia di Covid-19 ha accelerato una lunga serie di tendenze già in atto in precedenza. Tra queste, anche il tentativo di risveglio del Giappone. Lo scontro frontale con Washington sui semiconduttori, la cui importanza non solo tecnologica ma anche strategica era chiara già alla fine degli anni Ottanta, ha di fatto bloccato l’espansione nipponica in un settore nel tempo diventato sempre più cruciale. Se nel 1990 Tokyo manteneva il 50% del mercato mondiale di fabbricazione e assemblaggio, oggi ne ha solo il 10%. Quel 50% (e oltre) si è invece spostato poco più a sud nel Pacifico, a Taiwan



[Fonte Wired.it]