Il 25 aprile è (anche) la giornata dedicata a non dimenticare la malaria. Oggi infatti è la Giornata mondiale contro la malaria (World malaria day), ricorrenza annuale dal 2008 – anno in cui venne celebrato per la prima volta – per riaccendere periodicamente i riflettori sulla malattia. Partendo dalla constatazione che la situazione non è cambiata molto rispetto all’anno precedente.
Ogni anno muoiono quasi 600000 persone a causa della malaria
È vero, i grandi progressi si vedono sul lungo termine, ma è la stessa Organizzazione mondiale della sanità, proprio in occasione della Giornata mondiale contro la malaria, a puntare l’accento sul fatto che siamo ancora troppo indietro nella lotta alla malattia e che grossi progressi nel campo faticano a concretizzarsi. E, a costo di essere ripetitivi, lo sappiamo, vale la pena ricordarlo, sempre. I decessi stimati causati dalla malattia per il 2023 sono circa 600 mila (la stragrande maggioranza, 569 mila, in Africa), e allargando lo sguardo agli anni precedenti appaiono sostanzialmente invariati da una decina di anni, mostra il World Malaria Report 2024 diffuso alla fine dello scorso anno. I numeri crudi da soli però sono poco significativi, ed è vero che se i decessi sono rimasti per lo più invariati, il tasso di mortalità (numero di decessi per 100 mila persone a rischio) è diminuito leggermente nel corso dell’ultimo decennio. Ma non abbastanza, non quanto potremmo di fronte a una malattia che può essere prevenuta e trattata, stressa l’Oms.
La malaria, come malattia causata da zanzare che trasportano il plasmodio, il parassita all’origine dell’infezione, è infatti prevenibile e trattabile in diversi modi. In primis: con la lotta alle zanzare, in qualsiasi modo efficace, ovvero ostacolandone la diffusione e cercando di evitarne le punture, benefiche solo nel caso del vaccino somministrato dagli insetti. Ci sono poi i vaccini, due – al momento utilizzati per immunizzare i bambini nelle zone endemiche – e i farmaci assunti a scopo profilattico, e quindi le terapie, nel caso in cui la prevenzione non basti.
I fattori che ostacolano la lotta alla malaria
Il punto è che l’esistenza delle armi contro la malaria non è garanzia di efficacia. Ma allora, cosa impedisce, a ogni Giornata mondiale della Malaria, di mostrare un quadro diverso sulla malattia se teoricamente potremmo farlo? Perché abbiamo continuamente bisogno di rinnovati appelli? Servono finanziamenti, è indubbio, ma a ostacolare la lotta alla malaria sono più fattori, come ribadisce il report sullo stato della malattia. Disastri naturali, eventi estremi, come inondazioni e cicloni e ancora conflitti, instabilità sociale contribuiscono in diversi modi ad alimentare la malaria: possono favorire la moltiplicazione e diffusione delle zanzare, impedire le azioni di contenimento, distruggere i servizi di prevenzione e diagnosi, la diffusione di vaccini, mettere in ginocchio le strutture di cura, e moltiplicare le situazioni di emergenza umanitaria che rendono le persone al tempo stesso più fragili e isolate. A tutto questo si aggiungono i ben noti problemi di resistenza alle terapia e agli insetticidi, la diffusione di protozoi con mutazioni che impediscono di diagnosticare prontamente l’infezione e anche la diffusione di insetti vettore particolarmente problematici (vedi la Anopheles stephensi), come vi raccontavamo.
Lotta alla malaria: serve reinvestire, reimmaginare, riaccendere
Riconoscendo questi ostacoli, il tema della campagna 2025 nella Giornata mondiale contro la malaria è Reinvest, Reimagine, Reignite (Reinvestire, reimmaginare, riaccendere). Il primo punto, è chiarissimo: serve investire di più, in programmi, strumenti diagnostici, preventivi e terapie e infrastrutture sanitarie, tanto da parte dei pubblici che dai privati. E serve farlo specialmente ora che, ricordano l’Oms e la RBM Partnership to End Malaria, i problemi di sottofinanziamento (la metà di quello previsti) devono fare i conti con i tagli dei fondi americani. Serve poi reimmaginare la lotta alla malaria continuando i progetti di ricerca per lo sviluppo di nuove terapie, vaccini, test diagnostici e insetticidi magari. E serve riaccendere i riflettori sulla malattia: garantire che le popolazioni a rischio conoscano davvero i rischi e sappiamo come proteggersi, promuovere azioni di contrasto coordinate, basate sull’evidenza di efficacia ed essere pronti a rinnovare la lotta alla malaria con nuovi (benvenuti) strumenti.