Capita di vedere dei filmoni americani in cui c’è quella strana figura ibrida dell’intellettuale slash eroe: l’archeologo avventuriero, il professore universitario uomo d’azione, lo scrittore spia. Glenn Cooper, uno degli scrittori più venduti negli Stati Uniti e in Italia, non ha bisogno di essere il personaggio di uno di questi blockbuster: lui lo è già di suo, nella vita vera. Nato nella periferia di New York, ha studiato sia archeologia sia medicina, poi ha operato nei campi profughi in Thailandia e Haiti, ha lavorato per la sanità americana e a un certo punto si è messo a scrivere libri, finendo nelle classifiche dei più venduti di mezzo mondo. Come se non bastasse, ancora oggi conduce una vita certo più ritirata, ma sempre incredibile: abita, per dire, in Massachusetts, nella stessa costruita dimora del Seicento che ha ospitato il filosofo Henry David Thoreau e Samuel Parris, predicatore notorio per il processo alle streghe di Salem nel 1692.
La fortuna di Cooper è legata a una serie di romanzi che in effetti sembrano l’incontro perfetto delle parti che compongono la sua duplice natura: da una parte la sua passione per la storia, i cimeli archeologici, gli enigmi del passato; dall’altro la sua indole più scientifica e analitica, che spesso si traduce in un’investigazione al limite tra realtà e paranormale. Tutto è iniziato nel 2009 con La biblioteca dei morti, un romanzo che è dovuto passare per decine e decine di case editrici prima di essere pubblicare e incontrare un clamore straordinario: la storia è quella di una biblioteca di manoscritti medievali nascosti nell’Area 51 ma originari dell’isola di Wight, sui quali sono riportate le date di morte di qualunque essere umano; la rocambolesca indagine dell’Fbi, partita sulle tracce di un serial killer e conclusa sull’orlo dell’ignoto, ha avvinto migliaia e migliaia di lettori.
Come per ogni intuizione letteraria che si rispetti, da quel titolo è nata poi una trilogia (comprende anche Il libro delle anime e I custodi della biblioteca, anch’essi pubblicati in Italia, come tutti quelli di quest’autore, da Editrice Nord). Seguono altre saghe, come quella di Dannati o quella di Cal Donovan, e altri romanzi “singoli”, slegati tra loro. La formula, quella vincente, è sempre però lo stesso: un arcano dagli aspetti archeologico-storico-mistici viene indagato da un detective, un professore, uno scienziato che cercano fino alla fine di cercare delle spiegazioni razionali e oggettive ai fenomeni che incontrano; ci riescono, in conclusione, ma mai del tutto. La scrittura di Cooper è la classica da bestseller americano: precisa, completa, diretta, pochi guizzi poetici, eppure quel carisma di fondo, quella sfuggente scorrevolezza che non è iper-semplificazione, bensì accessibilità che fonde un intrattenimento assicurato e qualche suggestione culturale. Leggete i suoi romanzi, in altre parole, e finirete spesso su Wikipedia ad approfondire certi temi.
Negli ultimi anni la vena dei suoi romanzi si è spostata sempre di più sul religioso-ecclesiastico. Anche nei titoli (Il marchio del diavolo, Il segno della croce ecc.) è chiara l’intenzione di avvicinarsi a temi come la cristianità e il Vaticano, ma sempre presi in considerazione per la loro dimensione simbolico-esoterica più che per la spiritualità in sé. Complice è il protagonista di una serie di libri, Cal Donovan appunto, un professore di teologia presso l’Università di Harvard che si ritrova irrimediabilmente al centro di casi intricati e che mettono sempre a rischio il destino dell’umanità. Proprio Donovan viene mandato “in pensione” nell’ultimo romanzo pubblicato lo scorso 11 giugno, L’ultimo conclave, che è un po’ l’apice di questa sua serie letteraria.