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venerdì, Gen 24

Gli esperimenti sui macachi di Torino e Parma sono stati sospesi dal Consiglio di stato


L’ordinanza 230 ferma momentaneamente la sperimentazione sui primati e congela il progetto LightUp in attesa che il Tar del Lazio si pronunci sul ricorso presentato dagli animalisti

macachi torino
(foto: Patrizia Cortellessa/Pacific Press/LightRocket via Getty Images)

La sentenza del Consiglio di Stato ferma la sperimentazione sui sei macachi coinvolti nel progetto LightUp, lo studio delle università di Torino e di Parma per comprendere meglio (e magari in futuro curare) una particolare forma di cecità. Secondo l’ordinanza 230, infatti, “È l’Ente che sperimenta a dover provare che non esistono alternative a una sperimentazione invasiva sugli animali e foriera di sofferenze che la normativa europea e nazionale sul benessere animale, anche nelle sedi di sperimentazione, prescrive di evitare o ridurre entro rigorosi parametri fisiologici”. La Lega anti vivisezione (Lav) canta già vittoria, ma in realtà si tratta di una sentenza cautelare, un verdetto provvisorio che congela gli esperimenti in attesa del pronunciamento del Tar del Lazio.

La vicenda dei macachi di Torino (che poi in realtà si trovano a Parma) è finita su tutti i media italiani (e non solo, anche Science ne ha parlato) a giugno scorso, quando la Lav ha lanciato una petizione per la sospensione dello studio LightUp, per salvare – a detta degli animalisti – sei macachi che altrimenti sarebbero stati resi ciechi.

Diciamolo subito, però: le cose non stavano proprio così. Come ha chiarito diverse volte Marco Tamietto, professore all’università di Torino e responsabile scientifico di LightUp, i sei primati coinvolti non sarebbero stati resi ciechi, ma con un intervento chirurgico sarebbe stata creata una micro zona d’ombra sull’occhio allo scopo di studiare metodi di cura per forme di cecità umana causate da lesioni al cervello (“più di 100mila nuovi casi ogni anno solo in Italia“, aveva dichiarato il ricercatore alla Stampa nell’agosto scorso).

Come vi avevamo raccontato in dettaglio qui, a quella prima azione della Lav sono seguiti cortei e manifestazioni di protesta degli animalisti di tutta fino ad arrivare a minacce e intimidazioni rivolte ai ricercatori (e alle loro famiglie) coinvolti nel progetto.

LightUp però non è un progetto raffazzonato: ha permessi e autorizzazioni da parte dei comitati etici e dei ministeri responsabili, è stato revisionato da decine di studiosi internazionali e ha ricevuto un finanziamento dall’European Research Council (Erc).

Ha le carte in regola, quindi. Tant’è che la prima richiesta della Lav al Tar del Lazio perché sospendesse in via d’urgenza la sperimentazione era stata respinta nel novembre 2019. La Lav avrebbe dovuto dimostrare che vie alternative alla sperimentazione animale per il raggiungimento dell’obiettivo scientifico esistono.

L’ordinanza del Consiglio di Stato del 23 gennaio (a firma del presidente di sezione Franco Frattini, politico noto anche per le sue posizioni ambientaliste e animaliste) ribalta quel primo pronunciamento, decretando lo stop agli esperimenti. In particolare secondo la terza sezione del Consiglio di Stato, è il ministero della Salute che “deve, con massima urgenza, fornire tale prova sull’impossibilità di trovare alternativa ad una sperimentazione invasiva sugli animali nonché depositare una dettagliata relazione sulla somministrazione agli animali oggetto di sperimentazione di liquidi e cibo sufficienti, astenendosi da misure che finiscano per trasformare la doverosa erogazione di cibo e liquidi in forma di premio per asservire la volontà di animali sensibili come i primati”.

“Un vero e proprio attacco alla scienza”, ha tuonato la senatrice a vita e farmacologa Elena Cattaneo commentando la decisione del Consiglio di Stato. “Nell’ordinanza, che contraddice quanto stabilito dal Tar del Lazio lo scorso novembre, si inverte l’onere della prova, pretendendo che sia il ministero della Salute a dover dimostrare l’inesistenza di metodi alternativi alla sperimentazione su animali. Stupisce come il Consiglio di Stato non offra alcuna argomentazione a sostegno della decisione di ribaltare la decisione del Tar”.

“Come sa, o dovrebbe sapere, chiunque si occupi o si trovi a decidere di delicati temi di ricerca, è la stessa direttiva europea sulla sperimentazione animale a prevedere che né l’Erc, né il ministero della Salute, né le rispettive Università possano autorizzare un progetto in tal senso, se esistono metodi alternativi che la scienza ha certificato come altrettanto validi”, ha precisato Cattaneo. “In altre parole, è già obbligo di legge che i progetti debbano includere la prova dell’assenza di alternative alla sperimentazione animale: vengono giudicati anche su questo”.

Finisce così? Proprio no. Quello del Consiglio di Stato è infatti un provvedimento provvisorio, una sentenza cautelare, finché il Tar del Lazio non si pronuncerà in merito al ricorso ancora pendente degli animalisti.

Alla prossima puntata.

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