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lunedì, Nov 23

Gli indifferenti torna sullo schermo con un remake che ne appiattisce la carica eversiva



Da Wired.it :

Tra le scelte sbagliate, quella di attualizzare la noia della figlia in chiave hi tech, cioè con lei che è sempre con di fronte al pc a giocare online. Dal 24 novembre su Sky on demand

Una nebbia di parole. Così venne bocciato, all’inizio, uno dei più grandi romanzi del Novecento. Per fortuna l’aspirante scrittore ventenne Alberto Moravia non si arrese, neanche quando il successivo editore gli garantì la pubblicazione a patto che si pagasse da solo le spese dell’edizione. Cinquemila lire, tutto sommato, ben spese: il libro ebbe un successo duraturo e longevo, consacrando il suo autore nell’Olimpo degli scrittori ad oggi più stimati . Datato 1929 ma estremamente moderno, nella forma come nel contenuto, Gli indifferenti è un romanzo perfetto per il cinema, non solo per i dialoghi divinamente scritti, ma per l’abilità nel raccontare le contraddizioni umane, i conflitti generazionali, l’erotismo, l’ipocrisia e lo sfacelo inesorabile dell’alta borghesia come dell’istituzione familiare, entrambe destinate alla rovina.

La trama, per chi ancora non la conoscesse, è riassumibile in poche righe: la famiglia degli Ardengo è sul lastrico e l’amante della signora Mariagrazia, tale Leo Merumeci, si offre di comprare la loro villa. Un gesto di apparente generosità che nasconde lo spietato interesse di un uomo riprovevole.
Ora, senza osare un impietoso paragone l’illustre precedente del ’64 – scritto dallo stesso Moravia insieme a Susi Cecchi D’Amico e al regista Francesco Maselli – partiamo con il dire che il remake di Leonardo Guerra Seragnoli intende attualizzare il capolavoro (come tale di per sé senza tempo) di Moravia trasportandolo ai giorni nostri, ovvero trasformando quello che è il personaggio cruciale della storia, la giovane Carla, figlia di Mariagrazia, in una gamer accanita. In un attimo si torna al suo film precedente, Like me back, con protagoniste adolescenti ipnotizzate dagli schermi e dalle nuove tecnologie.

Una scelta opinabile che sa di autoreferenzialità, discutibile come quella di strutturare il film in modo da trasformare in colpo di scena quella che nel romanzo era l’inevitabile premessa, raccontata già nelle prime righe, proprio come in Lolita di Nabokov. La relazione proibita tra Leo e Carla. Il film finisce per sfaldarsi a partire da qui, epurando la storia dalle profonde analisi psicologiche di Moravia e attestandosi al livello di glaciale velleità artistica, scevra di quel costante erotismo che trasudava dalle righe del romanzo facendosi leitmotiv sotterraneo di destabilizzazione collettiva. Seragnoli lo sostituisce con un paio di scene di sesso goffe e malriuscite e un simbolo più didascalico che mai: il terremoto. Come a dire, anzi dicendo spudoratamente a chi guarda che la terra sotto i piedi dei protagonisti trema di continuo e causa loro un forte disorientamento esistenziale. Senza parlare, poi, della trovata di cambiare il finale, che non spoileriamo per ovvie ragioni, ma che lascia perplessi per più di un motivo.

Da salvare c’è la sempre ottima Valeria Bruni Tedeschi, che dà ancora una volta voce ed espressione a tutta la sua infinita gamma espressiva: un piacere ritrovarla sullo schermo in un ruolo che potrebbe essere il ‘prequel’ del suo stesso personaggio di La pazza gioia di Paolo Virzì. Bravo anche Edoardo Pesce, che dall’amabile Alberto Sordi torna detestabile come in Dogman nei panni dello squallido Leo, predatore senza scrupoli alla Weinstein di una preda, in questo film, pressoché inerme. Giovanna Mezzogiorno è sprecata nel ruolo banale e troppo stretto dell’amica di famiglia Lisa, mentre nei panni dei figli Carla e Michele ci sono Vincenzo Crea e Beatrice Grannò, non valorizzati da scelte di sceneggiatura e regia talora poco convincenti. Un peccato: il materiale narrativo del capolavoro di Moravia è così ricco che si potrebbe approfondire e sviluppare per un’intera serie. Chissà che, come fece Mauro Bolognini nel 1988, qualcuno non ci faccia un pensiero per “riattualizzare” ancora una volta il capolavoro evergreen di Moravia.

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[Fonte Wired.it]