Farlo a mano (si fa per dire, ovviamente) è un lavoro lento e macchinoso. Ma nel loro studio i ricercatori hanno fatto ricorso ad un’analisi computazionale, dando in pasto al loro algoritmo un data set conosciuto come “Bila” (Bilingual Lexicon Assembly), che contiene 1.574 dizionari di inglese bilingue di 616 lingue diverse. Concentrandosi su 163 concetti, hanno quindi contato quante volte le parole inglesi a loro riferite venissero utilizzate all’interno di ogni vocabolario bilingue. Ottenendo così una stima di quante spazio trovi ognuno dei concetti nelle diverse lingue studiate.
I risultati
I risultati dimostrerebbero che effettivamente diversi concetti hanno più o meno spazio all’interno del vocabolario di lingue diverse. “Cavallo”, ad esempio, vede al primo posto francese, tedesco, kazako e mongolo. L’hindi avrebbe moltissimi parole collegate al concetto di “amore”, il giapponese lo stesso per i concetti di “obbligo e dovere”. Più spazio trova un concetto in una determinata cultura (per motivi legati all’ambiente o anche per ragioni puramente culturali), maggiore sembra essere quindi la sua “elaboratezza lessicale”: in Sud Africa le precipitazioni sono nella media, ma molte delle lingue dei nativi hanno una grande varietà di termini collegati alla pioggia, probabilmente perché – ipotizzano gli autori dello studio – è un evento relativamente raro e molto desiderato.
Per i curiosi, è possibile esplorare il database creato dai ricercatori a questo link. Guardando all’italiano, però, è difficile interpretare i risultati: i primi cinque concetti più diffusi nel nostro vocabolario sembrerebbero essere, in inglese, “perch” (appollaiarsi, o trespolo), “grape” (uva, e ok), “bench” (panchina), “chestnut” (castagna) e “rack” (rastrelliera o scaffale).
Leggenda metropolitana?
Tornando a noi, che cosa è emerso riguardo alla neve degli inuit? In effetti, l’analisi rivela che le lingue degli inuit hanno un vocabolario dedicato alla neve estremamente vasto. Al primo posto per elaboratezza lessicale del concetto di neve, tra tutte le 616 lingue studiate, è arrivato infatti l’inuktitut parlato nel Canada orientale, e anche le altre due lingue inuit contenute nel database hanno ottenuto punteggi molto elevati per questa parola. In questo caso, tutte le lingue con un’elevata eleboratezza lessicale per la neve sono risultate lingue parlate in zone in cui la neve è un’esperienza quotidiana.
Per fare qualche esempio, in inuktikut ci sono parole come “kikalukpok”, cioè una “camminata rumorosa sulla neve dura”, o “apingaut”, la “prima nevicata”. Mentre in scozzese, anche questa tra le lingue con i punteggi più alti, troviamo “doon-lay”, o “forte nevicata”, “feughter”, cioè “improvvisa lieve nevicata”, e “fuddum”, ovvero “neve che soffia a intervalli”.
I risultati sono certamente interessanti, ma è bene sottolineare che andrebbero presi con una certa cautela. Lo studio infatti ha diversi limiti, di cui il principale probabilmente è che non ha potuto discriminare tra le parole che comparivano all’interno delle descrizioni delle voci lessicali, e quelli utilizzati negli esempi di uso dei termini. In questo modo, i risultati potrebbero riflettere quindi propensioni culturali e bias di molti tipi.