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lunedì, Giu 22

Gli schiaffi ai migranti di Agrigento dimostrano che il Black Lives Matter ci riguarda



Da Wired.it :

In un video diffuso in queste ore, un poliziotto colpisce due ospiti nella struttura di accoglienza e gli ordina di picchiarsi a vicenda. Altri agenti guardano senza reagire: la dimostrazione che le proteste americane riguardano un tema internazionale

(screen dal video)

Ci si chiede da qualche settimana perché la morte di George Floyd a Minneapolis per mano della polizia abbia avuto un’eco globale. Le proteste del movimento Black Lives Matter si sono in effetti estese a tutti gli Stati Uniti e poi nel resto del pianeta, portando in piazza nel complesso milioni di persone. Anche l’Italia è stata toccata da queste iniziative, compreso il connesso dibattito sulle statue – nel particolare quella di Indro Montanelli, con i lati oscuri e poco raccontati della sua persona e carriera. Mentre succedeva tutto questo, nel centro di accoglienza di Agrigento avveniva un fatto che meglio di tutti ci spiega perché quella del razzismo e della violenza istituzionale non sia una tematica prettamente americana, ma mondiale.

Gira un video di un minuto che mostra un poliziotto che obbliga due migranti del centro a prendersi a sberle. C’era stato un tentativo di fuga e quella è la punizione che i due ospiti della struttura dovrebbero infliggersi a vicenda, nella logica dell’ispettore di polizia. Quest’ultimo non si limita a dare l’ordine e a incitare la violenza, ma lui stesso tira dei ceffoni dimostrativi – molto forti – a uno dei due migranti per mostrare all’altro come fare. Gli altri ospiti che assistono alla scena si fanno qualche risata, ma sembra più una reazione di imbarazzo, un modo per stemperare la tensione di persone che peraltro tra campi libici e altre situazioni simili avranno probabilmente vissuto molte volte situazioni di questo tipo. La differenza è che tutto questo sta ora succedendo in Italia.

Le immagini non sono molto diverse nella logica da quelle che abbiamo visto decine di volte a Minneapolis. In entrambi i casi, un poliziotto bianco esercita una supremazia su una persona nera servendosi della violenza. Nel caso di George Floyd il fatto si è concluso in modo tragico, ad Agrigento il video finisce con il giovane migrante rannicchiato per terra con la testa tra le mani. Ma questa testimonianza non è altro che la punta dell’iceberg delle numerose violenze razziste per mano istituzionale che avvengono nel paese e in particolare nei centri di accoglienza. Sono decine le testimonianze di abusi da parte dei corpi di polizia denunciate da associazione come LasciateciEntrare. A Gorizia qualche mese fa è morto un ragazzo in circostanze sospette, solo l’ultimo di diversi decessi avvenuti in questi anni nelle strutture nazionali. Ci sono anche state delle inchieste per le violenze perpetrate dagli agenti sugli ospiti di altre strutture, come quella di Potenza. Ma anche al di fuori dei centri di accoglienza, le cose in Italia non vanno meglio. Come rivela un’indagine dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali, l’Italia è il paese europeo dove più un fermo di polizia di un cittadino straniero viene attribuito a ragioni razziali – il 70 per cento.

Se a questo aggiungiamo una serie di ferite recenti su cui non si è ancora stati in grado di fare i conti a livello politico – il G8 di Genova, Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, ma anche i fatti di Macerata e l’ondata di violenze razziste degli ultimi anni – il quadro che ne viene fuori è quello di un paese dove violenza di polizia e razzismo quotidiano non sono assenti come si vuole raccontare e dove dunque è normale attecchiscano le proteste sollevate oltreoceano dai manifestanti bianchi e neri che stanno riempiendo le strade americane.

Il fatto che l’ispettore di Agrigento sia stato rimosso non risolve il problema. Entrare in possesso di video di questo tipo è senza dubbio la chiave per accendere i riflettori sul tema del razzismo istituzionale, ma girare video di questo tipo è quasi sempre impossibile. Di violenze simili in Italia ne avvengono sistematicamente altre, semplicemente non vengono documentate, come non sono stati documentati molti decessi occorsi durante un fermo di polizia negli Stati Uniti in circostanze simili a quelle di George Floyd.

Non è un caso che gli attivisti di Black Lives Matter vedono nella fotocamera del cellulare la loro arma più forte, lo strumento con cui rendere visibile l’invisibile. Le immagini provenienti da Agrigento funzionano allo stesso modo e sono la migliore spiegazione del perché anche in Italia si scenda in piazza e si parli di statue, razzismo e violenza istituzionale. Non è semplice solidarietà con i manifestanti statunitensi, quanto la consapevolezza che siamo davanti a tematiche non circostanziate agli Usa, ma globali. E dunque, come rivela la cronaca dal paese, anche italiane.

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[Fonte Wired.it]