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Entro tre anni stop all’unbundling per le compagnie che dominano il mercato nei servizi di voce. Obiettivo: liberare risorse da investire

Un tecnico analizza una rete telefonica. (foto: Andrey Rudakov/Bloomberg via Getty Images)

Nei prossimi tre anni, gli Stati Uniti applicheranno un provvedimento approvato all’unanimità dalla Federal Communications Commission (Fcc) che prevede la rimozione delle attuali regole riguardanti l’unbundling delle reti telefoniche fisse.

A seguito di una revisione della normativa attualmente in atto ma risalente a più di 20 anni fa e contenuta nel Telecommunications Act del 1996, le principali compagnie telefoniche che hanno un ruolo dominante nel mercato non saranno più tenute a fornire l’accesso all’ultimo miglio delle proprie reti agli operatori più piccoli o nuovi entranti. Tale decisione riguarderà solo i servizi voce lasciando intatte le regole per la banda larga e i servizi internet.

La Fcc ha valutato le norme stabilite nel 1996 come anacronistiche poiché create in un epoca dove il mercato necessitava di un spinta per favorire la concorrenza. Per l’autorità statunitense il nuovo corso dovrebbe svincolare fondi da investire in nuove reti e nell’ammodernamento di quelle già esistenti.

 

Come riferisce il Corriere delle comunicazioni, l’Associazione azionisti Telecom italia (Asati) ha suggerito che lo stesso argomento sia discusso anche in Italia visto l’assottigliarsi della percentuale di clienti gestiti direttamente da Telecom Italia e dalla presenza diffusa della rete Open Fiber.

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