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giovedì, Ott 24

Gli Stati Uniti usciranno dall’accordo di Parigi sul clima


Lo ha confermato Trump, che aveva già annunciato la sua decisione nel 2017: il presidente ha detto che a breve avvierà la procedura per uscire formalmente dall’accordo cardine della lotta al climate change

Il presidente Usa Donald Trump e, alle sue spalle, il vice Mike Pence (foto: Mark Wilson/Getty Images)

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha detto durante una conferenza stampa a Pittsburgh, in Pennsylvania, di voler ritirare il paese dal trattato sul clima di Parigi, come aveva annunciato nel 2017. Trump ha detto che l’accordo è “pessimo” e nei prossimi giorni avvierà formalmente la procedura per uscire. La notizia di un ritiro imminente era stata anticipata dal New York Times, che aveva sottolineato come il primo termine utile per presentare la domanda fosse il 4 novembre.

L’accordo di Parigi risale al 2015 ed è uno strumento fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici in quanto impegna 195 stati contraenti a ridurre le proprie emissioni di CO2. Si basa più che altro su delle promesse che i singoli stati hanno fatto decidendo di aderire all’accordo, e che dunque non sono legalmente vincolanti. Chi lo ha sottoscritto deve però riferire alle Nazioni Unite i suoi progressi.

Washington avrebbe dovuto tagliare le sue emissioni del 28% entro il 2025 rispetto ai livelli del 2005 ma Trump non ha mai condiviso questo obiettivo, che considera dannoso per l’economia, e due anni fa aveva già annunciato di volerlo rinegoziare. Se non ci fosse riuscito, aveva aggiunto, gli Stati Uniti si sarebbero chiamati fuori, cosa che infine è successa. Germania e Francia già nel 2017 avevano infatti sottolineato che il trattato non poteva essere modificato.

Cosa succederà ora

D’ora in poi Washington potrà rivedere la sua agenda di impatto ambientale e rifiutarsi di riferire in merito alle Nazioni Unite – cosa che, peraltro, ha già fatto negli ultimi due anni – ma ci vorrà circa un anno prima che esca ufficialmente dall’accordo di Parigi. Questo non è comunque un problema, anzi. Il ritiro diventerebbe infatti effettivo il giorno delle elezioni presidenziali e, se Trump vincesse, potrebbe cominciare il secondo mandato vantandosi di aver mantenuto un’altra delle sue promesse.

Malik Russell, portavoce di The Climate Mobilization, un’associazione ambientale, ha detto che ritirarsi dall’accordo è un’assurdità e un tradimento nei confronti dei giovani. “Solo poche settimane fa, c’erano per strada milioni di persone che prendevano parte alle proteste per il clima, studenti che scioperavano, un summit sul clima alle Nazioni Unite”, ha detto Russell.

Ma nell’amministrazione Trump la sua prospettiva non va per la maggiore. Come sottolinea il quotidiano statunitense, i pochi che non erano d’accordo con questa decisione, come l’ex segretario di stato Rex Tillerson, sono stati licenziati o sostituiti e tra i suoi elettori l’idea di ritirarsi è molto popolare. Come sottolinea l’ex consulente Mandy Gunasekara, alcuni di loro pensano infatti che l’accordo sia una violazione della sovranità americana, essendo stato negoziato con altri stati.

Gunasekara non crede che questa decisione avrà effetti sulla lotta ai cambiamenti climatici nel paese. “Gli Stati Uniti continueranno ad essere un leader sul fronte climatico”, ha detto. Ma il ritiro si aggiunge a una serie di altri provvedimenti che l’amministrazione Trump ha preso – come la revisione delle leggi sulla protezione ambientale – e che rischiano di danneggiare l’ambiente. In parte lo hanno già fatto: secondo l’Energy Information Administration, l’agenzia federale per il consumo energetico, le emissioni non sono diminuite nel 2018, bensì aumentate del 2,7 per cento.

Inoltre, non è possibile escludere che, dopo il ritiro degli Usa, altri paesi che avevano sottoscritto l’accordo decidano di smettere di rispettarlo, seguendo l’esempio degli Usa. Gli ambientalisti possono però sperare in una sconfitta di Trump alle elezioni presidenziali del 2020: se nella corsa alla Casa Bianca prevalesse un democratico, quest’ultimo potrebbe sottoscrivere nuovamente l’accordo e ricominciare laddove il suo predecessore si era fermato.

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