“Una coppia di fatto”. Così Valeria Golino descrive il suo rapporto simbiotico con Goliarda Sapienza, di cui ha trasposto sullo schermo da regista L’arte della gioia. Ora da attrice la interpreta in Fuori, unico film italiano in concorso a Cannes. Non un biopic, piuttosto un “road movie dell’anima” come lo definiscono Mario Martone e Ippolita Di Majo che lo hanno scritto, in cui la protagonista girovaga per la Roma degli anni di piombo. Di fatto l’undicesimo lungometraggio di Martone, il terzo in gara a Cannes dopo L’amore molesto e Nostalgia, è un film sull’abbaglio, sulla fascinazione irresistibile che Goliarda subisce dalle sue nuove amiche detenute, Roberta e Barbara (Matilda De Angelis e Elodie, entrambe talentuose e convincenti). Il film non racconta solo una storia di salvifica sorellanza, ma anche la scoperta di una comunità altra, quella carceraria, più accogliente e meno giudicante, evidenziando come la scrittrice ultracinquantenne preferisse la compagnia di giovani ex detenute ai salotti altoborghesi da cui si sentiva, e di fatto veniva, respinta.
Martone mette in scena anche il famigerato furto di gioielli per cui Sapienza finì in carcere, e sceglie di girare le scene di reclusione tra le sbarre del carcere di Rebibbia tra vere ex detenute. Tra loro spicca la tossicodipendente e sbandata Roberta, attivista politica accusata di partecipazione a banda armata, vero personaggio cruciale del film che con la sua simpatica esuberanza – e grazie al talento di Matilda De Angelis – finirà per rubare la scena a tutte ed emergere come fosse lei la vera protagonista del film, specie nel plot-twist finale potente che non sveleremo.
La performance di Valeria Golino risulta comunque generosa, l’attrice mette da parte la regista e si affida a Martone mettendosi in gioco e a nudo da ogni punto di vista, interagendo al meglio con le giovani attrici con cui divide il set (e la doccia, in una scena di nudo corale). Ma la sua performace è lontana da quella meno mansueta e più anticonvenzionale di La vita bugiarda degli adulti, così come il film risulta ben lontano dalla potenza narrativa di Capri Revolution, per citare un’altra opera del regista incentrato su un femminile volitivo e indomabile. Spiace soprattutto non rintracciare che un tiepido barlume appena accennato dell’irruente spregiudicatezza e ribellione di un’intellettuale come Goliarda Sapienza. Il racconto di fascinazione nei confronti di Roberta prende il sopravvento e ruba spazio all’approfondimento di chi fosse veramente questa scrittrice anticonformista e antifascista, voce fuori dal coro che non ha mai temuto di dire la sua. Come ben si vede ai titoli di coda, in cui prende la parola la vera, e indomita, Goliarda.