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sabato, Dic 18

Gomorra, con l’ultimo episodio si chiude la prima grande fase della serialità italiana



Da Wired.it :

Se guardiamo alla serialità italiana, c’è stato un prima Gomorra e un dopo Gomorra. La produzione originale di Sky, tratta dal libro di Roberto Saviano uscito nel 2006 e poi divenuto un film premiato a Cannes nel 2008,  ha fatto il suo debutto nel 2014: televisivamente parlando, già un’era geologica fa. Oggi, 17 dicembre, la stessa serie giunge a conclusione con un doppio episodio ad alta tensione e dall’elevatissimo carico simbolico. Niente spoiler qui, ma è chiaro che Genny e Ciro l’Immortale, i due poli al contempo centrifughi e centripeti della serie, andranno incontro al loro destino in una conclusione per forza definitiva, drammatica, eppure inaspettata.

Mentre le cinque stagioni volgono a conclusione, dunque, non si può fare a meno di riflettere su un fenomeno che, dall’essere radicatamente italiano, è divenuto qualcosa di potentemente internazionale. Venduta in 190 paesi, Gomorra è stata inserita dal New York Times al quinto posto fra le produzioni non americane più importanti degli anni Dieci, Variety ha parlato di “un nuovo standard per la tv italiana”, Le Monde di “una serie noir eccezionale”, il Die Zeit di “un ritorno all’onore per la tv in Europa”, El País di un “impatto culturale ed estetico totale”. Ognuno ovviamente cerca dei riferimenti propri – chi ci vede l’eredità de I Soprano, chi di The Wire, chi un po’ di Tarantino – ma è anche vero che questa serie ha segnato una specie di nuovo unicum.

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Difficilmente un decennio fa si sarebbe parlato così tanto e così pervasivamente di una serie italiana. Forse solo Montalbano ha avuto una distribuzione così larga a livello globale, ma mentre alcune affinità tematiche sono evidenti (il Sud, i delitti più o meno mafiosi ecc.) dal punto di vista stilistico siamo su altri livelli. Prima di Gomorra, nel nostro paese a scardinare il cosiddetto “sistema fiction all’italiana” così tipico della tv generalista c’erano stati due casi: Boris, la comedy cult di Fox Italia che ora tornerà su Disney+, e Romanzo criminale: La serie, sempre prodotta da Sky e che a partire dal regista Stefano Sollima condivideva molto del team creativo che ha poi adattato l’opera di Saviano. Gomorra ha confermato e amplificato però la volontà di imporre un nuovo standard seriale, che fosse evidentemente cinematografico, potesse rivaleggiare con i titoli esteri ma mantenesse al contempo una tipicità locale indiscutibile.

È ovvio che la trama in questo aiutava: in Gomorra vanno in scena la Napoli della criminalità più nera e umbratile e le dinamiche ataviche di un cancro che si annida fino a sovvertire ogni scala di valore, ordinarietà e legalità; al contempo il racconto generato da Saviano e poi esploso in queste cinque stagioni è un sistema di senso a parte: i cliché criminali vengono abbandonati in favore del racconto viscerale e inedito di un’umanità perduta, deviata eppure residuale; la stessa Napoli è una città estremamente moderna, combattuta, paradossale, frutto delle mille contraddizioni del contemporaneo. Non sono mancati gli innumerevoli dibattiti sulla pericolosità di un modello Gomorra (gli stereotipi, l’emulazione…), spesso oblii del fatto che le narrazioni non devono essere per forza didattiche ma possono essere tanto più utili quanto ci mettono di fronte alla parte più oscura di noi.



[Fonte Wired.it]