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martedì, Set 10

Google, 50 procure Usa indagano sul dominio nella pubblicità


Sotto analisi dell’inchiesta antitrust il ruolo del motore di ricerca nel mercato delle inserzioni e delle ricerche su internet

Google's European headquarters are pictu
(foto: Getty Images)

Tanto tuonò che piovve. Dopo settimane di annunci, il 9 settembre è stata confermata l’apertura ufficiale dell’indagine preliminare su Google da parte dei procuratori generali di 48 Stati americani, oltre al District of Columbia e al territorio di Porto Rico, per verificare eventuali abusi di posizione dominante da parte del colosso di Mountain View per quanto riguarda la pubblicità e le ricerche sul web.

In totale sono quindi 50 gli Stati coinvolti, e a guidare l’iniziativa è il Texas, il cui procuratore Ken Paxton vuole concentrare le indagini sul “controllo globale di Google nel mercato della pubblicità online e del traffico di ricerche che può aver condotto a comportamenti anti-competitivi in grado di ledere i diritti dei consumatori”, come si legge nella nota pubblicata sul sito. “Abbiamo prove che il comportamento di Google possa aver compromesso la libera scelta degli utenti, soffocato l’innovazione, violato la privacy degli utenti e messo Google in posizione di controllo del flusso e della diffusione di informazioni”, aggiunge ancora il procuratore Paxton.

Al momento mancano all’appello soltanto lo stato della California e quello dell’Alabama, che hanno deciso di non avviare indagini sui presunti casi di concorrenza sleale operati da Big G.

L’inchiesta congiunta, inoltre, arriva anche in concomitanza con le altre indagini avviate a livello federale dal Dipartimento di Giustizia e dalla Federal Trade Commission, che dal giugno scorso hanno iniziato a vigilare proprio sui presunti comportamenti anticoncorrenziali messi in atto dal colosso del web. A fine agosto, le due istituzioni hanno anche chiesto a Google di vedere documenti e dati, cosa che si verificherà ora con le autorità dei singoli stati.

In questo caso, poi, le indagini coinvolgono anche altri colossi della Silicon Valley come Facebook, Amazon e Apple, sui quali pesano le stesse accuse di abuso di posizione dominante in diversi settori.

Ma gli stati americani non sono i soli a volerci vedere chiaro sugli affari di Google. Basti pensare che sul tavolo della neovicepresidente della Commissione europea, con delega a concorrenza e digitale, Margrethe Vestager, resta aperto il dossier relativo alla denuncia presentata da parte di 23 siti di annunci di lavoro che accusano il gigante del web di comportamento anticoncorrenziale. Se le indagini dovessero evidenziare delle violazioni, Google sarebbe condannato a pagare una nuova multa in Europa, dove ha già sborsato quasi 9 miliardi complessivi per diverse sanzioni.

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