La guerra in Vietnam è una ferita ancora aperta negli Stati Uniti. Tra il 1964 e il 1975, gli Stati Uniti – la più grande potenza economica e militare della storia – investirono risorse enormi, truppe e tecnologia d’avanguardia per piegare il movimento rivoluzionario nato nel paese rurale del sud-est asiatico. Fallirono. Nonostante bombardamenti a tappeto, operazioni segrete e mezzo milione di soldati dispiegati, Washington non riuscì a piegare la resistenza locale. La guerra del Vietnam, del cui termine quest’anno cade il cinquantesimo anniversario, è passata alla storia come un simbolo del limite della potenza militare, e della forza dell’opinione pubblica.
Le origini del conflitto
Dopo la sconfitta del Giappone nel 1945, il Vietnam, ex colonia francese, vide emergere un movimento rivoluzionario guidato da Ho Chi Minh, determinato a porre fine ai crimini del colonialismo: prigioni più numerose delle scuole, repressione politica, tasse ingiuste e carestie che uccisero due milioni di persone.
Tuttavia, le potenze occidentali — Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti — si opposero all’indipendenza del paese. Nonostante gli appelli di Ho Chi Minh al presidente Truman e all’Onu, gli Stati Uniti sostennero il ritorno dei francesi, finanziando l’80% dello sforzo bellico coloniale.
Il fallimento francese e l’intervento americano
Nel 1954, dopo la catastrofica sconfitta francese nella battaglia Dien Bien Phu, gli accordi di Ginevra prevedevano elezioni per un Vietnam unificato. Ma gli Stati Uniti, temendo una vittoria comunista, sabotarono il processo, installando il regime autoritario di Ngo Dinh Diem nel Sud. Era un governo corrotto e impopolare, che represse ogni opposizione, alimentando la crescita del Fronte di liberazione nazionale (Fln), sostenuto da Hanoi, nel Nord.
Sotto Kennedy e Johnson, gli Stati Uniti aumentarono il coinvolgimento: da 685 “consiglieri militari” nel 1960 a oltre 500.000 soldati nel 1968. Nonostante bombardamenti massicci—7 milioni di tonnellate di bombe, più che in tutta la Seconda Guerra Mondiale—e operazioni come “Phoenix” (20.000 esecuzioni extragiudiziali), il Fln mantenne il sostegno popolare.
Ma tutto questo non bastò. Il Fln, conosciuto in Occidente come “Viet Cong”, godeva del sostegno delle campagne e sfruttò la conoscenza capillare del territorio. Nel 1968, l’offensiva del Tet – un attacco simultaneo in tutto il Vietnam del Sud – dimostrò che nessuna città era veramente al sicuro. Fu uno shock per gli statunitensi, e un punto di svolta nella percezione del conflitto.
La protesta dentro l’America
Mentre la guerra proseguiva, negli Stati Uniti crebbe un movimento di opposizione sempre più vasto. Dalle prime piccole manifestazioni del 1965, si passò a proteste di massa: il 15 ottobre 1969 due milioni di statunitensi scesero in piazza in tutto il paese. Gli studenti furono in prima linea: nel solo 1969 ci furono manifestazioni in 232 università, con migliaia di arresti e sospensioni.